Essi Vivono ST02, ep10
di Antonio Casto
La povera Gianfranca, ottantatreenne, tagliava il sedano a tocchetti grossolani quando un dolore estremo la rese incosciente e, come stirata da una scossa, cadde riversa all’incontrario sul cotto della cucina, battendo per sovrappiù l’osso parietale del cranio. Si crepò una mattonella, spiegando il prezzo insolitamente basso richiesto dalla ditta edile che aveva da poco sostituito i pavimenti.
Il marito Umberto, sceso a comprare la pastina, rientrò soltanto alcuni minuti dopo. I paramedici caricarono entrambi sull’ambulanza, poi scacciarono Umberto, che tornò in tram solo e piuttosto abbattuto. Chiamarono l’indomani: oltre al colpo apoplettico, l’emorragia intracranica faceva prospettare appena qualche giorno di vita ancora, benché Gianfranca fosse a sprazzi abbastanza lucida. Seguivano le indicazioni per le visite in reparto – ma Umberto pretese di riavere la moglie in casa per l’ultimo saluto, nonostante i costi paventati dal personale ospedaliero.
Intanto, la sera precedente, colto dalla stretta del rimorso, aveva composto il numero di Ilinca, che da anni si occupava delle faccende domestiche e, parlandole per la prima volta ad alta voce, appoggiato alla solenne testiera del letto sotto il quadro della Madonna, le aveva spiegato che la loro lunghissima relazione extraconiugale doveva interrompersi. Ilinca fu molto aspra, nonostante la gravità della situazione: pretese un compenso in denaro per i favori elargiti e dichiarò che sarebbe comunque tornata a trovarlo.
Due giorni dopo, sul materasso antidecubito di fianco al letto matrimoniale, con la flebo e le bende, Gianfranca teneva una mano blu nella mano bianca di Umberto e, svegliandosi di soprassalto, con fretta spaventata si sforzò di confessargli un estremo segreto: «Tre anni fa barai a calcolare il punteggio di quella partita di burraco al mare, che finì patta». Voleva aggiungere altro, forse il più, ma spirò. L’infermiera a ore tornava con lo scontrino delle siringhe monouso da farsi rimborsare.
Umberto pensò di piangere, ma quell’inattesa rivelazione gli sembrava gettare un’ombra di grettezza di cui non riuscì a liberarsi. Giorni dopo il funerale (che fu seguito solamente da due dirimpettai e da una nipote venuta a ricordargli promesse pecuniarie), Ilinca si presentò per le pulizie, e pur senza demordere sulla ricompensa economica, gli tenne compagnia e finì per sollazzarlo. Si sposarono l’anno successivo e la nipote di Umberto non vide alcuna eredità.
Ma il narratore onnisciente conosce il prosieguo delle parole che Gianfranca non poté dire: «Non l’ho fatto per meschineria: eri giù di morale e volevo sorprenderti con un pareggio insolito, e continuare la partita per distrarti. Eppure mi sento in colpa e voglio scusarmi. Addio mio amore».
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