Quando ero piccolo, come quasi tutti i maschi della mia generazione, adoravo Lupo solitario, il librogame di Dever e Chalk, poi, dopo un litigio, credo, firmati solo da Joe Dever. Ho una trentina di Lupi solitari. Ero così in fissa che una volta mia madre mi disse: ma lo sai che esistono anche altri tipi di libri? Potresti provare uno di quelli veri. Le chiesi risentito se il librogame avesse le pagine. Sì. Su quelle pagine ci sono scritte delle parole? Sì. E allora è vero pure questo libro.
Le copertine fantasy vagamente cupe e violente di Lupo solitario accendevano la mia fantasia come poche cose al mondo. Quando compravo un nuovo numero, pensavo a come usare le armi accumulate nelle missioni precedenti. Talvolta credevo che i pugnali magici in copertina fossero esattamente quelli che avevo appuntato nella scheda del personaggio all’inizio del testo.
Una cosa che non dimenticherò mai era la delusione di trovarmi in un vicolo cieco della storia. Talvolta inaspettatamente morivi. Solo che il percorso che ti conduceva alla morte era così tanti passaggi prima che era difficilissimo tornare indietro. E poi c’era questa cosa che se baravi, se ti appuntavi i bivi fondamentali per tornare indietro oppure se nei combattimenti non ti toglievi i punti vita o dicevi che avevi fatto un punteggio più alto rispetto a quello reale, ecco allora non valeva. Vincere il librogame era difficile, ma rappresentava una vera e propria questione d’onore.
A dire il vero non avevo molti amici con cui condividere questa passione. C’era solo mio cugino, che era la vera mente nascosta che orchestrava le mie passioni nerd, non essendo io minimamente un nerd, anzi essendo io un normie, dove con normie intendo una persona normale, con tante sfaccettature, alcune delle quali nerd, ma molte assolutamente ascrivibili ad altre categorie. Mio cugino era interessato più ai librigame post-apocalittici e cyberpunk, così me ne sono comprato qualcuno pure io (cioè me li sono fatti comprare da mia madre). Erano una ficata pazzesca, forse più difficili e belli di Lupo solitario, eppure ho continuato ad amare le creazioni di Dever più di tutte le altre. Inoltre alle elementari tutti si dedicavano ad altre cose, cose che non riguardavano parole scritte sui libri, così è stato un grande stupore per me quando qualche anno fa ho scoperto che i librigame erano oggetti di culto di una vasta porzione di gente della mia generazione. Mi sono domandato: ma quando ero piccolo, tutti questi lettori di Dever dove si nascondevano?
E io dove mi nascondevo?
Zadie Smith per descrivere la catastrofe culturale tecnologica contemporanea parla di Riduzionismo nerd, definizione che, nella logica del suo discorso, mi sembra particolarmente azzeccata. Una cosa che non ho mai capito è come mai gli esseri umani lottino così tanto per non essere definiti, quando poi amano imbrigliarsi dentro a categorie così nette e precise.
Ancora più sorprendente è stato per me scoprire che Black Mirror (una serie tv che amo nonostante un certo indebolimento concettuale delle ultime stagioni) aveva realizzato un episodiogame. I miei neuroni adibiti alla memoria molto infantile si sono messi tutti quanti a vibrare di gioia e mentre eseguivo le prime scelte sullo schermo del computer sono letteralmente impazzito di felicità. Dio quanto mi piace questa cosa del -game.
Bandersnatch, così si chiama questa puntata, ha l’unico difetto di essere estremamente fico finché non diventa stucchevole nel suo gioco metanarrativo dove esplicita fin troppo le dinamiche del gioco stesso. Un po’ come se Lupo solitario ogni tanto dicesse in modo esplicito e con tono da maestrino: “in realtà tu stai leggendo un libro. Secondo alcuni filosofi Dio sarebbe una specie di spettatore che osserva le vicende umane in quello che per lui è un teatro, ovvero l’universo. Dunque tu sei il Dio nell’universo delle vicende che stai leggendo. A testimonianza di questo puoi addirittura determinare il destino del tuo personaggio. Ma in realtà il vero Dio sono io che ho scritto questo librogame, e che ho deciso tutti i finali possibili dandoti l’illusione di poter determinare il destino dell’eroe.”
Se Dever avesse scritto una cosa del genere gli avrei chiesto: “Ma ti sei bevuto il cervello? Sei così fico che non hai bisogno di spiegarmi questa roba. Se me la spieghi è perché hai paura che il messaggio non arrivi. Oppure temi che io non riconosca il tuo genio.”
Insomma, quello che voglio dire è che a un bambino non gliene frega nulla di essere Dio, e ancor meno vuole che gli si rovini il gioco dimostrandogli che in realtà non è Dio, ma il vero e proprio essere umano che viene miserabilmente ingannato dal vero Dio. Questo è un atto di bullismo intellettuale. Certamente si tratterebbe di un momento extradiegetico che non direbbe il falso, ma ce lo hanno ripetuto così tante volte che adesso sappiamo già di non essere “speciali”. In parole povere e in conclusione ritengo che il bambino nerd si voglia solo godere il suo ultimo episodio di Lupo solitario. Lasciamolo giocare in pace, lasciamo il “meta” sullo sfondo. Se vorrà capire, capirà anche se non lo si esplicita.
(Comunque che ficata! Mi sono buttato via! Sono dei geni!)
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