Poco tempo fa sono andato al cinema a vedere Black Panther. Ho scelto l’ultimo spettacolo, quello delle 22 e 30, anche se finisce sempre che a quell’ora mi addormento in sala, ma era un weekend e il giorno dopo non suonava nessuna sveglia, perciò ho azzardato, mi sono detto che dormire guardando Balck Panther era impossibile. Difatti, dopo la prima metà del film, mi sono addormentato. Ho quindi perso l’ultimo atto, quello del grande scontro, e mi sono risvegliato sulle battute finali, quando il nuovo ordine era già ristabilito.
Il fatto che mi sia addormentato guardando un film di un supereroe era un chiaro segno sia della mia narcolessia filmica, sia della saturazione da questo tipo di film. Perciò, uscito di sala, mi sono ripromesso che da quel momento in poi sarei andato solo al penultimo spettacolo, e che con i cinecomics avrei chiuso. Black Panter sarebbe stato l’ultimo. E lo dicevo mentre alle mie spalle giganteggiavano i poster dei futuri Avengers: infinity war e Deadpool 2.
Diciamo che nel prometterlo avevo la stessa credibilità di chi scrocca le sigarette dicendo che sta smettendo.
Poi, due settimana fa, mi è arrivato un messaggio dalla Bocciofila:
“Ciao Salvo”, diceva.
“Tutto bene?”, più o meno, come sempre.
“Stiamo rivedendo la programmazione, tu vai martedì prossimo”, ok.
“Con Avengers. Ciao”.
Sono rimasto attonito. Avevo saltato le ultime due riunioni e forse mi volevano solo dare un suggerimento, ma percepivo una sorta di avvertimento dietro quella richiesta. Avrei, per esempio, voluto dire che mi sarebbe piaciuto parlare del soporifero chiacchiericcio di Westworld, o della delusione nel non aver sentito Escobar esclamare «plata o plomo?» nell’ultimo film a lui dedicato. Ma non ho avuto il coraggio. Qualcosa, in quelle parole, mi frenava. E mentre ragionavo sul fatto, una settimana dopo, mentre mi trovavo in traghetto, alla mia terza riunione saltata, ecco arrivare un altro messaggio della Bocciofila:
“Ciao Salvo”, punto.
“Siamo qui in riunione da Carmelo, che ti saluta”, punto.
(Segue selfie di conferma del luogo e dell’evento).
“Ricordati martedì, il pezzo sugli Avengers”, punto.
“Daje Roma!”.
(Quella sera giocava Roma-Liverpool, semifinale di Champions League).
Insomma, appariva chiaro che la Bocciofila voleva parlare di Avengers: infinity war, e non c’erano scuse o proposta di varianti. Ma perché questa ossessione verso Avengers: infinity war? Che la Marvel, o chi per lei distribuisce in Italia, ci avesse proposto una cifra a sei zeri e una vita dedita a blackjack e squillo di lusso per parlare bene del suo film di punta, era plausibile, ma perché dovevo vederlo io, proprio ora che avevo deciso di smettere? Eccoli lì, il Gatto e la Volpe.
Se al primo messaggio pensai a un eccesso di zelo delle funzioni redazionali a cui, per spirito di gruppo e amore verso il progetto, non volevo tirarmi indietro; al secondo, il sospetto che si trattasse di una punizione mi acchiappò nel sonno. Forse per via di quella volta che ho proposto 300 di Zack Snider per la rassegna cinematografica invernale; o quando, come film più bello del 2017, ho scelto Baby Driver. No. La Bocciofila ama i film in tutte le espressioni e salse, comprese le provocazioni. Non capivo.
Così, con una certa ansia, mi aspettavo un terzo messaggio, ancora più telegrafico: “Ciao Salvo”, punto. “Martedì”, punto. “Avengers”.
E poi un quarto, iconico: la storica immagine di Capitan America riverso sulle scalinate della corte federale, colpito a morte da un cecchino nel giorno della sua condanna.
Insomma, sudavo freddo. Oltretutto rientravo in città solo per il terzo weekend di programmazione del film, e in sala c’era pure Loro 1 e poi c’era il festival del cinema cinese e la mia ragazza era reduce da una labirintite perciò non era così entusiasta di passare due ore al cinema col mal di testa e il capogiro per vedere un film esagerato, dinamico e caotico, e quando le ho scritto: “Torno Giovedì. Andiamo a vedere Avengers”.
“Mm, ok, non lo so, vediamo…”.
“Venerdì. Avengers. 19 e 15”.
“Ma non ho visto gli altri… mi spieghi tu quello che non so?”
“A.V.E.N.G.E.R.S.”
“Mi stai facendo paura. Ok venerdì”.
“Daje Roma!”
“… ma non tifavi Cagliari?”
Così venerdì siamo andati.
Allo spettacolo delle 19 e 15.
Per sviare il pisolino.
***
La saga degli Avengers è, senza dubbio alcuno, la più bella e riuscita di tutto il Marvel Cinematic Universe, che conta una ventina di film finora prodotti, più svariate Serie TV e altre robe. Se la contende solo con I guardiani della galassia, a mio parere.
Sarà che in campo non esiste praticamente concorrenza. Justice League è, a voler essere buoni e corretti, un tantino imbarazzante e infantile, così come i restanti film targati DC. E delle produzioni Fox salverei solo Deadpool.
Sarà che è una saga che, con questo capitolo, riunisce tutti i personaggi presentati negli altri film, quindi si evitano spiegoni e si va dritti al sodo a menare le mani. E vedere insieme tutti quei supereroi fa un po’ l’effetto rimpatriata tra vecchi amici, tipo anche la pizzata con i vecchi compagni di classe, ma solo se è la prima, di pizzata, e fatta a non più di due o tre anni dalla fine della scuola. Dopo no. Dopo è la Justice League.
Sarà che tutto questo universo in calzamaglie colorate che vive e combatte e ride e piange, e che in questo film ci fa tanto ridere ma anche commuovere, ha finalmente un nemico come si deve: carismatico, feroce e motivato a fare quello che deve fare, senza essere scontato. Che è un po’ quello che spesso è mancato a questi film, troppo incentrati a esaltare il supereroe di turno e non la sua controparte cattiva. Ma può esistere Spiderman senza Venom o Capitan America senza Teschio Rosso o Batman senza Joker?
Thanos, dicono alcuni, sarà il nuovo Villain di riferimento, il nuovo lato oscuro della forza, per questa generazione cresciuta a pane e superpoteri. Ecco, questo non saprei confermarlo. Magari mi sto giocando il blackjack e le squillo di lusso, e sento il fiato della Bocciofila sul collo, che sente il fiato della Marvel Italia, che sente il fiato della Panini Comics, che sente il fiato dei fratelli Russo che sentono il fiato dei Marvel studios ed è difficile capire chi ha mangiato pesante a cena, ma certo è che spodestare Darth Vader, o Dart Fener, quel che è, dal podio dei cattivi più cattivi di sempre è impresa difficile, in un epoca poi di precarietà e rivendicazioni nerd, qualche solida certezza bisogna tenerla (al resto ci sta pensando la nuova saga di Star Wars).
Vedremo come si evolverà la vicenda nel secondo episodio, il prossimo anno. Perché sì, questo primo episodio ci ha lasciato tutti di sasso col suo finale struggente (in sala, durante i titoli di coda, è calato il silenzio e nessuno si è mosso); e perché sì, ci sarà un secondo episodio e ci saranno tanti e tanti e tanti altri film sui supereroi nei prossimi giorni, mesi, anni e decadi, anche se, ciclicamente, qualche grande regista o critico verrà a dirvi che i cinecomics sono finiti, morti, sepolti, falliti perché hanno incassato tre dollari in meno questa settimana al botteghino. In realtà sono più vivi che mai, e loro dei gran rosiconi. Perché i cinecomics sono il nostro cinema western, che piaccia o meno. Anche se qualcuno sta ancora aspettando un Clint Eastwood o Sergio Leone di turno, non ce li leveremo di torno così.
Ma anche per il western, a un certo punto, hanno detto che bastava così. Perciò tranquilli. Nel frattempo, se proprio dovete, si può sempre scegliere l’ultimo spettacolo, spegnere il cellulare e, col buio in sala, dormire. Anche se, questa volta, vi consiglio di stare svegli sino alla fine.
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