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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Wolf of wall street | Redenzione

1 Ottobre 2015 di ferruccio mazzanti

Sono il tuo schiavo, per contratto sarò il tuo tappetino del cesso. Calpestami: è l’unico modo che ho per redimermi, Margot, mia Mistress, mia Padrona!!

La cosa più interessante di questo film non è l’ironia di Scorsese, la critica sociale latente e leggera del film in generale, la dialettica di un titolo o la grande interpretazione di Di Caprio, bensì le varie reazioni a cui ho assistito mentre il film veniva proiettato al cinema. Non farò nomi, ma ero con due miei amici, uno dei quali è un grande amante di sostanze psicotrope e allucinatorie, oltre ad essere un amante del cinema; l’altro mio amico, invece, è un convinto sostenitore della pornografia e delle sue varie rappresentazioni su schermo. Al mio fianco c’era un terzo personaggio, che non conoscevo minimamente, di circa ventiquattro anni, taglio di capello (castano chiaro) da rivista patinata per uomini, vestito con francesine in pelle nera Tod’s, completo antrace Versace, camicia bianca allacciata fino all’ultimo bottone (non so di che marca) con cravatta (non so di che marca) rosa a righe nere, un trench molto elegante e un ombrello… wow che ombrello che era. Sembrava uscito da un romanzo di Breat Easton Ellis.

Primo spettatore (quello psicotropo): ride ogni cinque minuti, incrocia le gambe continuamente cambiando di posizione, mi parla in un orecchio a tutto volume, applaude, commenta, si tocca la punta del naso come se gli stesse colando lievemente qualcosa fuori, afferma che non può credere a quello che vede sottintendendo che è troppo vero, me lo ripete più volte, ha i pantaloni macchiati, appoggia entrambe le sue mani sui braccioli, la felpa aperta e nera come se fosse sulle montagne russe.

Secondo spettatore (il pornografo): mantiene una posizione eretta, nasconde con la mano il proprio mezzo sorrisetto freddo e distaccato, stringe le palpebre per essere sicuro di mettere perfettamente a fuoco quel che vede, non si è tolto il cappotto, quando appaiono donne nude sul grande schermo si irrigidisce lievemente ma non si sposta, rimane immobile e concentrato, è una statua di sale, voyeuristico fino in fondo, fino a negarsi anche una risata.

Terzo spettatore (lo yuppie): anche lui si sposta molto poco: lenti, eleganti movimenti profumati di superiorità, al massimo fa una smorfia quasi offesa che potrebbe sembrare un sorriso, tutte le volte che lo guardo, anche solo distrattamente con le mie tecniche di occultamento degli sguardi, lui immancabilmente se ne accorge, ipercosciente, le sue percezioni sono l’intera, rigorosa fenomenologia di Husserl: quando la gente scoppia a ridere lui prima si studia, poi (lo vedo, cazzo, lo vedo) si domanda perché mai la gente stia ridendo. In realtà lui sta prendendo mentalmente degli appunti. Alle varie, ciniche battute del film lui non può materialmente ridere perché ha vere e proprie epifanie. Pensa: questo è un ottimo trucco, questa la riutilizzo, quest’altra la dico alla mia “corpo duro”.

E poi ci sono io (il cattolico): capisco che tipo di spettatore sono mentre faccio ritorno a casa: il film mi è piaciuto, lo consiglio, è divertente, regge molto bene i tempi, nonostante la lunghezza. Solo che mentre cammino per la strada mi sento una brutta, bruttissima persona e vorrei chiedere scusa a tutta la gente a cui ho dato dei dispiaceri, delle delusioni, delle fregature e via dicendo. In particolare voglio chiedere scusa a te Margot Robbie, che ancora non mi hai calpestato la faccia col tuo tacco 12! CALPESTAMI TI PREGO!!

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Postato in: La sindrome del personaggio secondario Tag: Breat Easton Ellis, leonardo di caprio, martin scorsese, tandoori mazzanti, walf of wall street Fai un commento

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