Ho conosciuto Veronica Rawlins una notte che pioveva. I suoi capelli ricci erano sciolti sotto le fredde gocce invernali come tumultuosi lamenti.
Non aveva un ombrello e non aveva una borsa. Non aveva neppure un sorriso da regalarmi, mentre le chiedevo che lavoro facesse. Tendeva a rimanere muta anche quando parlava. E se ricambiava il mio sguardo era solo per pretendere che rispettasi la sua solitudine. Il naso era largo e corto. Non aveva lentiggini. La sua pelle perfettamente nera era magnifica e la luce si rifletteva sulla sua superficie come qualcosa che desideri rimbalzare.
In piedi di fronte a me coi suoi vestiti da classe media voleva solo dimenticare bevedo da un punto all’altro della città. Non era impaurita, quel che la rendeva magnetica era una forma di rabbia a basso voltaggio così intensa da pervadere lo spazio circostante.
Ci fermammo davanti ad un bar e prendemmo da bere. Disse al proprietario che avremmo pagato dopo la sigaretta e così uscimmo fuori, ma una volta finito di fumare si mise a correre ridendo. Arrivammo col fiatone a una discoteca per americani e volle entrare. Dando un bacio al buttafuori, un bacio passionale che mi lasciò perplesso, non pagò il biglietto. Sembrava al contempo persa e perfettamente sicura di sé. Si mise a ballare tra gli statunitensi ubriachi, da sola, coi suoi capelli ricci e bagnati e lo sguardo fisso. Le sue labbra cominciarono a sorridere in modo forzato. Non ci mise molto a togliersi la giacca e il golf dorato e a ritrovarsi con una maglietta che metteva in mostra le sue forme. Non potevo distogliere lo sguardo da lei. Non era la sua bellezza meramente fisica a risultare irresistibile, ma la sua capacità di catalizzare le attenzioni grazie ad un insieme di movimenti consapevoli e freddi del suo corpo. Cosa può un corpo! Era un turbinio interiore a far brillare il suo volto nella folla. Me ne stavo appoggiato al bancone, sorseggiando il mio cocktail, e la osservavo. Ogni tanto mi cercava e col dito indice mi proponeva di raggiungerla sulla pista da ballo, ma contemplarla era l’unica cosa di cui fossi capace. Pietrificato dalle sensazioni contrastanti, mi era passata la voglia di compiere un qualsiasi gesto che non fosse di puro ornamento alla sua volontà, quasi come un simulacro di un simulacro che non si è trasformato in un androide, ma in un parassita minuscolo, un acaro o una zecca.
Quando alcune ore dopo decise che era giunta l’ora di andarsene, si rivestì con un brio elettrico, afferrò la mia mano e, una volta giunti per strada, mi mostrò tre portafogli che aveva rubato. Prese i soldi e buttò via il resto. Erano 245 euro.
– Voglio giocarli alle slot machine.
Mi trascinò sotto la pioggia, senza dire una sola parola, ridendo, tirando la mia mano, finché una sala enorme e bianca non ci accolse con le sue slot, circondate da relitti della notte, cupi mentre premevano pulsanti saturi di rossi e gialli e musiche d’accompagnamento ipnoche. Inserì tutte le banconote nella slot che aveva selezionato con molta cautela, si mise a sedere e rimase in silenziò finché non ebbe perso tutto quello che aveva guadagnato. Erano le cinque del mattino, quando mi raggiunse nel mio angolino, senza più il becco di un quattrino.
– Ma con quali demoni stai giocando?
Lei non mi rispose. Camminò fuori dalla sala, piangendo. Camminò fino a casa in silenzio e da sola. La pioggia che continuava a battere come una puttana in un mondo senza marciapiedi. Una volta entrata nel suo appartamento, si spogliò, si infilò tremante sotto le coperte e non si addormentò tanta era la sua tristezza.
Poi oggi, leggendo il giornale, ho scoperto che è stata arrestata per furto. Ha rubato 5 milioni a un personaggio politico di spicco del panorama italiano. Li ha portati dentro a un sacco nero enorme e quasi comico alla Guardia di finanza. La sua unica dichiarazione è stata:
– Il partito a cui ho rubato questi soldi deve al popolo italiano 49 milioni di euro. Io sono andata a riprendere i primi 5.
I santi sono creature confuse, Dio non le aiuta perché non esiste, ma anche quando il dolore offusca ogni cosa, loro hanno ragione.
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