di Elisabetta Meccariello
Che tutti avessero qualcosa da nascondere era ormai un dato certo. Un amore, un vizio, una perversione, un pagamento non dichiarato. Nessuno poteva sottrarsi alla menzogna, o no, forse menzogna è eccessivo, nessuno poteva sottrarsi all’alterazione della realtà. Così il nuovo governo, famelico di allinearsi alle più esasperate tendenze, decretò di mettere fuori legge la verità.
(in tono solenne)
«La promulgazione della verità è considerata reato e sanzionata sulla base degli articoli 183, 183-bis e 183-tris del codice vigente. L’accertamento della violazione avviene, generalmente e secondo quanto previsto dalla normativa di legge, attraverso esami strumentali svolti con appositi apparecchi, denominati sincerometri, e mediante interrogazione diretta di soggetti a campione. Le sanzioni variano a seconda della gravità del reato. Sono previste sanzioni amministrative da trecentosessantasette euro a quattromilacentododici euro, marche da bollo escluse. Per i casi più preoccupanti o recidività del contravventore la sanzione penale prevede l’arresto con detenzione dai-tre-ai-nove-mesi. L’arresto può essere sostituito da lavori socialmente utili con visione obbligatoria di fiction di rai uno, talent show e cofanetto integrale delle serie studio aperto».
(fine tono solenne)
La verità, di fatto, non mancò a nessuno. Essere doppi, inventare storie, aneddoti, non mostrarsi, interpretare un ruolo, un personaggio, ogni giorno diverso, ogni minuto diverso, è concesso, è giusto, è doveroso, è legge. I sondaggi dimostrarono che le relazioni interpersonali migliorarono in modo esponenziale, o forse no, gli intervistati non potevano rispondere ai quesiti con sincerità e forse anche le domande potevano essere una messinscena. Quindi la finzione era nella domanda o nella risposta? Non è dato saperlo. Nondimeno, l’attuazione della recente norma ebbe effetti tangibili sulla popolazione: niente più occhi bassi, annientamento del senso di colpa con conseguente esaltazione della sfacciataggine, maggiore propensione al sorriso con profitti cospicui per gli igienisti dentali. Un senso di leggerezza, ecco cos’era, un senso di leggerezza. Si percepiva nelle strette di mano, nelle chiacchiere di circostanza, nelle ginocchia sbucciate, nei seni nudi.
– Stai benissimo con questo vestito verde senape
– Amore non ho mai pensato a un’altra
– Ho letto il racconto che hai scritto, è bellissimo
– Non sei ingrassata per niente
– L’ultima sigaretta e poi smetto di fumare
– Mi hai fatto emozionare
Per dovere di cronaca, non mancarono tafferugli nelle carceri e nelle questure, nondimeno noti professionisti si appellarono al codice deontologico. Ma non sta a noi giudicare.
A chi serve la verità e a chi interessa la realtà? È meglio raccontare una favola, è meglio raccontarsi una storia. È concesso, è giusto, è doveroso, è legge.
Tuttavia, la natura umana, di alcuni umani per la precisione, dei più stolti e ostinati e ingenui e idealisti, prese il sopravvento. La verità scalpitava dentro il cranio e cercava vie di fuga riversandosi in pruriginose eruzioni cutanee e conati di vomito.
Passarono gli anni e l’evoluzione si ingegnò. Dietro la nuca si manifestarono i primi segni, all’inizio erano solo macchie, come delle voglie, poi presero forma e spessore e consistenza e scostando i capelli si potevano ammirare un naso, due occhi, l’accenno delle labbra. Ecco, dietro la nuca si sviluppò un’altra faccia, in tutto identica all’altra, una faccia pensante, capace. Si dice che i nuovi volti dichiarassero la verità, sempre, ma non esistono dati di supporto, non furono mai condotti esperimenti, i soggetti interessati (e interessanti) si premurarono con astuzia e caparbietà per celare il prodigio.
Di fatto, qualcuno ha parlato.
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