per Stefano Bonomi
Sono quello del tappetino a metà stanza sulla destra. Sono quello che non parla mai con nessuno. O meglio, dovrei scrivere: con nessuna. Perché sono tutte donne. Da alcune settimane ho cambiato il piano dieci ingressi “classic” e ho sottoscritto un abbonamento “unlimited”, per questo il mio bracciale di riconoscimento è passato da un marrone-merda “occasionale” a un verde-brillante “resident”. Ho visto che le maestre erano felici di questo upgrade, sebbene devo dire che la decisione non dipenda tanto da loro, dal fatto che fanno bene il loro lavoro, cosa senza dubbio vera, ma da me, e specificatamente dal mio disagio. Fare yoga tutti i giorni, lungi da essere una pratica di evoluzione spirituale, è paragonabile per me all’immagine di Jack Dawsan attaccato a una scialuppa di salvataggio, in un oceano buio e ghiacciato. Solo che la mia scialuppa è un tappetino da yoga. Passando da praticante occasionale a praticante giornaliero non ho modificato i miei rapporti sociali né con le insegnanti né con le altre frequentatrici della palestra, ma mi sono ritagliato uno spazio mio, tappetino a metà stanza sulla destra, che si ripete ogni giorno. Talvolta mi chiedo chi sono queste donne di mezza età che vengono, come me, ogni giorno a praticare yoga. Io ho il disagio psicologico, loro che cosa avranno mai? Nessuna risposta, e forse neanche mi interessa. Io pratico yoga, poi arrotolo il mio tappetino e me ne vado a casa. Ma una donna ha intercettato il mio interesse. In negativo, ma comunque ha scalfito qualcosa nella mia corazza di indifferenza. Lei, chiamiamola per comodità Mara, si mette ogni giorno nello spazio davanti a me. Sempre nello stesso posto. Ma rispetto alle file allineate e ortogonali dei tappetini delle altre donne, lei si mette sempre una decina di centimetri indietro, probabilmente perché è nuova, mi dico, e vuole vedere cosa fanno le altre. Tuttavia il suo disallinearsi fa sì che anche io debba spostarmi qualche centimetro indietro, o quantomeno, dovrei, se non fosse che se mi sposto indietro anche quella dietro di me dovrà spostarsi indietro, e questo è impossibile, perché ha alle sue spalle una parete che non si sposterà di certo. Mara quindi crea inconsapevolmente uno tsunami che investe noi che le stiamo dietro, o per meglio dire: investe me, poiché la ragazza alle mie spalle è in una situazione senza soluzione. Quindi, ed ecco il punto, io mi sposto di appena due o tre centimetri, e mi trovo a fare le lezioni di yoga con i piedi di Mara letteralmente in bocca. Se mi allungassi appena, quando siamo nella posizione del cane a testa in sù, potrei leccarli. O morderli. O, come avviene effettivamente, semplicemente guardarli.
Li osservo molto a lungo, i piedi di Mara. Che piedi sono? Sono dei piedi normali. Piedi di una donna di mezza età. Non particolarmente screpolati sui talloni. A volte si mette lo smalto, altre volte lo toglie. Non hanno cattivi odori, non sono sporchi, tranne a volte per qualche frammento di tappetino che le si va a incastonare tra le dita. Il feticismo non rientra nella mia patologia. Non ho una fissazione per i piedi di Mara. A volte, prima di iniziare la respirazione o l’Om, mi dico: chissà come saranno oggi i piedi di Mara. Non si chiama veramente Mara, non ho idea del suo nome. Ma i suoi sono piedi da Mara.
C’è una cosa che ho notato, in queste ultime settimane, ed è un piccolo neo scuro, sotto il piede di Mara. Ora, io non sono un esperto di nei, ma quello ha una forma che non mi piace affatto. Anche il colore non va bene, è troppo scuro. Quel neo è un tumore, e sospetto sia maligno. Lo so perché ho passato molte ore a studiare queste cose su internet. Mara sta morendo, e non lo sa. Solo io lo so. Povera Mara, presto il tuo tappetino sarà smaltito dai tuoi parenti, se ne hai, nel cestino dell’indifferenziata. O andrà invece buttato nella plastica? Non voglio che Mara muoia, e non voglio essere responsabile della sua morte. Ma come potrei dirle quello che solo io so? Sarebbe imbarazzante per tutti. Ciao Mara, scusa se ti disturbo a fine lezione, ma hai pensato di fare un controllo dei nei? Probabilmente mi prenderebbe per pazzo, forse si lamenterebbe con le maestre e mi allontanerebbero dalla scuola. È già accaduto in passato qualcosa di simile. Non voglio fare la fine di Jack Dawson, non posso lasciare la presa dal tappetino.
Dopo qualche giorno Mara effettivamente smette di venire a lezione. La prima volta e la seconda penso che non sia nulla di grave, che forse aveva un impegno, sebbene le mie compagne di yoga, come me, non abbiano mai nulla da fare, quindi è strano. Io lascio per rispetto il suo posto vuoto, lo spazio davanti a me non viene occupato da una nuova Mara. Almeno per alcuni giorni, ma le maestre non amano che ci siano buchi perché gli si scombina la composizione delle loro foto e video che poi postano su Instagram. Mi chiedono di avanzare, ma io rifiuto, o meglio, abbasso la testa e rimango al mio posto, in silenzio. Al posto di Mara si mette la tizia che mi stava dietro, quella tra me e la parete. La nuova Mara. Ma la verità è che lei non si chiama Mara, i suoi non sono affatto piedi da Mara. Lei non si disallinea come faceva Mara, resta ortogonale con le altre. Ripenso alla mia Mara, adesso in qualche ospedale pubblico, ma più probabilmente privato, che vive i suoi ultimi momenti di vita. Forse anche sotto i miei piedi c’è un neo, che io non posso vedere, neo che solo la mia compagna di yoga che sta dietro, tra me e la parete, potrebbe vedere. Ma ormai lei si è spostata davanti, e non vedrà mai più sotto i miei piedi. Per questo ho fissato una visita dalla dottoressa Delfino, per il controllo dei nei. Le ho chiesto di controllare dappertutto, anche sotto i piedi. La dottoressa ci ha dedicato uno sguardo veloce e poi mi ha detto che va tutto bene. Io l’ho guardata e sebbene fosse una follia le ho chiesto se avesse per caso una paziente di nome Mara, con un brutto neo sotto il piede. Quasi certamente un tumore maligno. La dottoressa Delfino mi ha guardato e per un lungo momento abbiamo trattenuto il fiato entrambi. Poi più nulla, sono andato via.
Questa settimana le lezioni di yoga sono sospese perché le maestre hanno rilevato un nuovo spazio, in un’altra zona della città, più moderna. Il trasloco richiederà alcune settimane, ma ci hanno assicurato che le lezioni mancanti verranno recuperate più avanti. Scrivo questa nota sul mio computer, in salotto, in lacrime. Il mio psicologo forse sarebbe fiero di me, perché qualcosa si sta muovendo. Non so cosa pensi il mio psicologo, in effetti, e se qualcosa effettivamente si muove dentro ha la forma di una lastra di ghiaccio alla deriva in un oceano sconfinato e nero. Affondo. Mentre mi inabisso, l’ultima immagine che vedo sono i piedi di Mara che si allungano fuori dalla scialuppa di salvataggio. Provo ad afferrarli, ma non li raggiungo.
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