Qualcuno ha detto tanto tempo fa che bisogna temere chi non ha più casa. Quando sento questa sigla
mi sembra di essere tornato alla mia dolce dimora. Sarà lo spirito tutto Repubblicano celato dentro alle trame talvolta ridicole di questa serie a rasserenarmi tanto. La filosofia del: tutto ciò che è esterno, estraneo, altro da me è un potenziale nemico da combattere. Solo se facciamo gruppo sopravviveremo. Questo determina un senso di attaccamento, genera una sinergia tra amici, pone le fondamenta, rasserena. Il totalitarismo come salvezza dal caos. L’amicizia e l’amore come giustificazione all’omicidio di massa. Questa è la mia casa. Noi siamo quelli che sopravvivono.
La post apocalisse come casa è forse l’appartamento più comodo che la nostra immaginazione post millenaria abbia deciso di creare.
Vedo nel prolungato successo di questa serie il riflesso di una paura che la crisi (ma di quale crisi stiamo parlando? Le crisi sono sempre proiezioni che vanno da un luogo interno ad un luogo esterno dilazionando il senso degli eventi) ha istillato dentro di noi e che giustifica il nuovo graduale sopravvento delle XXXXXX nel mondo occidentale. La casa. Perduta. E non ci sono più giardini dove prendere il sole e non ci sono più usignoli da ascoltare e non ci sono più more con cui deliziarsi. C’è solo questo disastro che deve essere messo a posto. Costi quel che costi. Questo estenuante vagabondare. E una ragazza bionda che ama Stephen King.
Direte che The Walking Dead è solo intrattenimento, ma dietro ad ogni tipo di narrazione si nasconde un modo di intendere il mondo, i rapporti tra le persone, la morale. Anche Benny Hill o Beautiful o Modern Family. Così per The Walking Dead. Cosa ci vuole raccontare di noi? Perché funziona così bene nonostante certe evidenti mancanze di scrittura? Perché ci fa sentire a casa, la post apocalisse come salottino o cameretta, gli zombie come carta da parati, anche se sembrerebbe impossibile trovarne una, di case, intendo, una dimora, dove, mettere. Radici? (La serie si conluderà sicuramente tra circa due stagioni con la fondazione di una società utopica comandata da un nazista illuminato).
Un po’ di tempo fa discutevo con un’amica sulla violenza degli insetti. Sostenevo che, come gli zombie, gli insetti si pongono in una dimensione amorale che è l’orrore della post apocalisse. Solo noi umani e forse alcuni altri mammiferi (comunque la minoranza su questo pianeta terra) riusciamo a porci su un piano etico e quindi democratico. Lei mi ha risposto che forse vedo il mondo in questo modo perché dentro di me si cela un conflitto irrisolto. Ecco: The Walking Dead funziona perché ci mostra attraverso l’intrattenimento il conflitto irrisolto del totalitarismo celato dentro di noi, questa trasgressione all’intelligenza che però ci fa sentire a casa. Io amo The Walking Dead. Amo la sua sigla angosciante e domestica. Io amo la post apocalisse. Queste cose rimarrano sempre un sorriso prima di diventare insetti o zombie o dittatori.

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