Il 12 ottobre 2021, alle 7:06 postmeridiane del fuso orario della costa del Pacifico, gli smartphone di un terzo della popolazione mondiale cessano di esistere, nel senso più figurato del termine. A fine giornata l’indice NASDAQ chiuderà a -1000 punti; dunque crollo vertiginoso del Dow Jones durante una pandemia globale; apocalisse.
Larry Marton, un ragazzino di quindici anni di Juneau, Alaska, è l’unico in grado di screenshottare lo schermo del suo iPhone 12 Pro con la sola frase grigia, tiepida, nella barra dello stato che dice “A cosa stai pensando Larry?” prima che SocialX Inc. decida di oscurare il social network, e che lo schermo dello smartphone di Larry diventi blu con la X bianca al centro e con una rotella di caricamento.
Non sa bene nemmeno lui perché ha fatto quello screenshot, eppure ha avuto la sensazione che sia successo qualcosa di strano, di grave per l’esattezza.
Quella mattina, alle 7 antemeridiane del fuso orario della costa del Pacifico, un altro Larry, Ericson, esce dal suo cottage a venti miglia a sud di Salem, Oregon, sale sulla sua auto, una GMC Sierra del 1999, e guida verso San Francisco. Sul sedile posteriore ha buttato uno zaino nero, quello che il figlio Thomas usava al liceo, riempito di varie cianfrusaglie: del nastro adesivo da carrozziere, un tubo di mastice a presa rapida, un grosso lenzuolo bianco matrimoniale, ripiegato in otto.
Larry guida per dieci ore di fila masticando tabacco e sputando fuori dal finestrino, ogni tanto gli scende una lacrima lungo la guancia sinistra, forse perché tiene il finestrino aperto per tutto il viaggio, ma probabilmente perché ha una grossa paura di non riuscire a sentire più niente, di essersi assuefatto a tutto, e allora piange per aver lentamente preso la forma di ciò che lo tormentava quando era più giovane, quando aveva trent’anni e correva giù per la strada incontro a Betty, appena la vedeva imboccare la salita. Quella lacrima lo inserisce senz’altro tra i personaggi incoerenti e tragici della nostra era: un sessantenne cieco di rabbia, un tiranno, un indovino.
La cosa divertente, se divertente è la parola adatta, è che Larry Ericson è, o meglio era, uno degli appartenenti ai restanti due terzi della popolazione mondiale a non usare SocialX, e a non avere uno smartphone, così che nemmeno dopo aver distrutto l’era dei social network, o averci provato, i giornalisti e la polizia sono riusciti a profilare la sua persona. Sono dovuti tornare a muovere i loro culi secchi, a salire in auto o in aereo fino a Salem, per chiedere alle cassiere del Walmart dove Ericson faceva la spesa, quali erano i suoi acquisti abituali, se pagava in contanti o con carta – pagava in contanti – e quali erano le sue passioni, se ne aveva, le sue abitudini, se beveva molto o molto poco.
Larry Ericson alle 5 postmeridiane del fuso orario della costa del Pacifico arriva al Cypress Lawn Memorial Park di Colma, osserva per mezz’ora buona la lapide di Thomas Ericson, suicida. Dietro, la Bay. E un po’ in là, la Silicon Valley che fagocita i figli dei sessantenni americani e se li sgranocchia. Risale in macchina, raggiunge Mission, poco prima di arrivare sulla Ventunesima all’incrocio con Dolores Street, si ferma, scende dall’auto e taglia il tubo del sistema idraulico dei freni, risale in macchina e parte in salita velocemente, fino a raggiungere i due SUV di scorta che occupano il marciapiede. Li tampona a 40 miglia orarie e sbatte il naso contro il volante. Perde un sacco di sangue. Scende dalla macchina, i freni, i freni, mio Dio, scusatemi, vi prego. Oddio, sto male, oddio… aspettate, ho qui nello zaino i documenti. Mark Lagenborg fa per uscire di casa, ma gli uomini della scorta lo obbligano a stare dov’è. Signore, lei sa dove si trova? Sì, sono a Mission, dovevo arrivare al parco. Scusatemi, Dio mio. Signore, come si chiama? Larry Ericson, aspetti, prendo i documenti. Scusatemi, i miei freni… oddio mi sento male, oddio. Ericson sviene e il CEO di SocialX, che ha osservato tutto dalla finestra, è pur sempre uno degli uomini più potenti del mondo, non può vedere un signore sanguinante essere trattato come un delinquente e prova a uscire di nuovo, ma lo trattengono a forza. Obbliga comunque la scorta ad accompagnare in casa Larry per dargli un bicchiere d’acqua, per medicarlo. Intanto uno degli agenti apre il cofano della GMC di Ericson e controlla i freni, effettivamente sono saltati. Larry con lo zaino viene portato sull’uscio di casa, viene perquisito. Spunta la pistola, che nessuno si aspettava, e Larry spara. Larry è molto preciso, per nulla svenuto. Colpisce tutti e sette gli uomini di scorta presenti. Sei muoiono, e il settimo, rimasto ferito sulla porta, invece di cercare la pistola tenta di chiudere fuori dalla casa Larry, ma lui è più veloce e a quel punto è di fronte a Lagenborg che ha ancora un bicchiere di acqua in mano: acqua freschissima in un bicchiere enorme in mano, è pallido, e non sembra aver capito niente. Larry Ericson gli si mette alle spalle, gli punta la pistola alla tempia e gli domanda dove è la lavanderia. Lo obbliga a portare con sé il suo cellulare. È importante, dice.
Si chiudono nella stanza e subito l’odore di bucato viene sostituito da quello acido del sudore nervoso, Ericson gli dice di prendere il mastice e sigillare la porta – ovviamente non ci sono le chiavi –, poi di chiamare tutti i responsabili dei data center di SocialX Inc. e di ordinare di dargli fuoco.
«Devono dargli fuoco entro quattro minuti, altrimenti muori».
Dopo quaranta secondi dalla prima telefonata si sentono le sirene, megafoni: non hai via di scampo, bla bla bla, nessuno che può pianificare di entrare in casa del CEO di SocialX nel 2021 per minacciarlo può pensare di avere una via di scampo.
Fuori dalla porta della lavanderia, quelli rimasti della scorta gridano signore sta bene? signore ora la tiriamo fuori di lì. Ericson guarda l’orologio e aspetta che l’uomo tremante di terrore di fronte a lui abbia finito le ultime telefonate. Tra quattro minuti accendi SocialX sul tuo cellulare e se ancora funziona ti sparo in testa, gli dice Ericson.
Quattro minuti dopo il social network è ancora in piedi, il profilo del presidente è lì, perfetto: “A cosa stai pensando Mark?”. Gli uomini della scorta, con le pistole ormai grondanti di sudore in mano, sentono un primo colpo di pistola, poi un secondo. E poi silenzio.
Alle 7:14 postmeridiane del fuso orario della costa del Pacifico, John Ancillotti, FBI, entra nella lavanderia di Lagenborg indossando dei guanti di lattice, perquisisce il cadavere di Larry Ericson, poi apre lo zaino, trova il nastro adesivo non usato, il mastice a presa rapida usato inutilmente, e il lenzuolo piegato in otto. Lo stende e legge “GOD BLESS UNITED STATES OF ANARCHY”.
N.d.A. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale
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