di Vera Gheno
È una persona strana, questa Morgana. Me l’hanno detto in tanti su Jezebel, la stazione costruita pochi anni fa nelle vicinanze dell’Anello. A Jezebel – o Gisabele, come la chiamano i Secessionisti Autarchici per la Salvaguardia dell’Italico Idioma o SASII, che hanno piantato le tende su uno degli asteroidi più corposi della Cintura, denominato pomposamente L’Impero, così, con l’articolo – vige il matriarcato.
Maschi non accompagnati non possono mettervi piede, se non con un permesso speciale – come il mio –, e anche gli occasionali compagni o mariti si dice che vengano guardati con malcelato disgusto.
Partita come pura e semplice enclave femminile, negli anni la Capitana ha aperto le porte – o meglio, i porti – di Jezebel anche a donne transgender, a persone queer, fluide, intersex e non binarie, infine agli omosessuali, agli asessuali, ai bisessuali e ai pansessuali.
Proprio questa caratteristica ha reso la base un ambìto rifugio per tutte le persone in qualche modo “non conformi” al maschio cisgender eterosessuale; esattamente quello che sono io, con orgoglio.
Adesso forse potete capire il mio disagio quando il Capo mi ha incaricato di fare ricerche su Morgana Draper, cugina della più nota Camina, capomeccanica della base e molto amica (intima? probabile) della Capitana. Il sospetto è che sia anche la sua fiduciaria per tutte quelle faccende che potrebbero danneggiare la fama immacolata di quest’ultima. Altrimenti, non si spiega come mai una come Draper possa avere l’alloggio alla cuspide della base, uno dei pochi con un lucernario panoramico che dà sull’esterno: la maggioranza ha finestre digitali, con simulazioni di panorami a piacere.
C’è uno strano viavai di gente da quell’alloggio: per questo mi hanno chiesto – che dico: ordinato – di dare un’occhiata su Jezebel. Non ci avrei mai messo piede di mia spontanea volontà, in questa sorta di Sodoma spaziale.
E quindi eccomi seduto al caffè più frequentato di tutta la stazione, l’Intersectional, taccuino alla mano, alle prese con un infuso di tè verde – perché sì, sono astemio – a osservare Morgana Draper. È a fine turno, con la tuta da EVA abbassata sui fianchi e il torso sfacciatamente in canottiera, capezzoli duri a vista, senza vergogna. Sbevazza chiacchierando con le altre della sua squadra. Sono tutte magre, con gli arti più lunghi di noi terrestri, segno che sono nate e cresciute in assenza di gravità, da qualche parte nella Cintura. Si sente a distanza che stanno conversando in creolo cinturiano, ma questa non è certo una sorpresa, visto il lavoro che fanno e gli orrendi tatuaggi che esibiscono attorno al collo. Chissà, magari sono pure un gruppo poliamoroso; sicuramente sono tutte lesbiche che vivono nella promiscuità.
Questa loro indifferenza verso i maschi mi imbarazza. Anzi, mi irrita. Per me la normalità è essere saldamente cisgender e eterosessuale, non accetto questo far west di identità di genere e orientamento sessuale. Non datemi di bacchettone; semplicemente, sono un poliziotto dai saldi principi morali: che gli altri facciano pure come credono, ma non si aspettino di essere considerati normali, almeno non da me. Tutte queste scemenze sono solo una moda. Contano i cromosomi, mica lo sghiribizzo di chi si sveglia una mattina e non si riconosce nel genere biologico con cui è nato! Ma che cazzo significa, poi.
Comunque, eccomi a guardare con sconcerto tutta quella stravaganza sessuale, osservando le smorfie e i gesti di Draper, cercando di carpire le sue parole, alla ricerca di un pretesto per fermarla, interrogarla, magari sbatterla in cella almeno per una notte, quella stronza senza ritegno. E mentre la osservo, Morgana alza gli occhi e incrocia il mio sguardo. Beccato. La donna si alza, cammina verso il mio tavolo e si siede di fronte a me senza dire nulla. Poi con gesto fulmineo prende il mio taccuino, ci scrive qualcosa, lo fa scivolare verso di me e dice: “Ma voi sbirri avete la colonia d’ordinanza? Avete tutti lo stesso odore”; poi, sorridendo ed esibendo una dentatura bianchissima, con canini sporgenti, quasi da vampira: “Stasera è tardi. Domattina sei lɘ benvenutɘ”.
Come cazzo si permette di usare lo schwa con me? Rimango scioccato dall’incontro, pensavo di essere stato bravo a dissimulare il fatto che la stessi seguendo. E invece ecco una bella figura di merda davanti agli avventori del caffè (sì, al maschile, anche se sono tutte donne: tiè!). Mi guardo attorno e in realtà nessuno ci sta guardando.
Draper ha scritto sul foglio un indirizzo, quello del suo alloggio, che già conoscevo, e un numero: il codice per aprire la porta. Ho la tentazione di andarci adesso, cogliendole tutte di sorpresa, quelle arroganti. Ma sono stanco e preferisco fare il sopralluogo con maggiore lucidità. Magari con qualcuno ad accompagnarmi, ché con ’ste arpie non si sa mai.
L’indomani, molto presto, sono davanti alla porta. Ho deciso di venire da solo perché i rinforzi sarebbero arrivati tardi, per i miei gusti Magari così le becco in flagrante. Non che il poliamore sia reato, ma magari oltre che scopare si drogano, e quello già sarebbe interessante.
Mentre sto per digitare il codice, Morgana apre la porta. È in shorts e maglietta, e mi fa cenno di entrare. Mi accoglie una vista inattesa: invece dell’ammucchiata, vedo diverse donne sedute a tavoli sparsi per la stanza, intente a leggere… libri. Libri di carta. E tutt’attorno, lungo le pareti, centinaia di volumi. Saranno anni che non vedo libri, dato che non si usano più, tutto può essere caricato sui tablet multiuso. Che stanno facendo, dunque? perché stanno leggendo? Cosa stanno leggendo? Stanno preparando qualcosa di illegale? Sento nell’aria l’inconfondibile odore della carta.
Morgana intuisce il mio smarrimento. “Questɘ cinturianɘ stanno studiando diplomazia, xenolinguistica, interpretariato e simili per accedere agli studi universitari. Stai vedendo ɘ diplomaticɘ del futuro, la nuova classe dirigente cinturiana che prenderà il comando del nostro popolo pacificamente, non come quel folle di Inaros. Sarà la generazione che farà cambiare l’idea che la galassia ha dei cinturiani. Siamo stufɘ di fare bassa manovalanza. Per questo studiamo. Poiché l’accesso ai libri digitali ci viene reso quasi impossibile, usiamo la biblioteca che mi ha donato Chrisjean Avasarala. La custode dei volumi sono io. Avasarala ci ha fatto un dono immenso.”
Sono interdetto. Sono sicuro di aver letto da qualche parte che nelle università i cinturiani non sono ammessi. Morgana sembra leggermi nel pensiero. “Le università non possono escludere ufficialmente gli studenti della Cintura, perché sarebbe razzismo, perciò organizzano i test d’ingresso centrandoli sulle materie che da noi non vengono studiate. Facilissimo. Per questo, ɘ miɘ ragazzɘ si stanno preparando ai test studiando ciò che a loro mancava. Io ho potuto farlo grazie alla mia amicizia con Avasarala, e fu lei a suo tempo ad assegnarmi il compito di formare ɘ nostrɘ giovani. Come vedi, niente di illegale. Ma non ci piace attirare l’attenzione, per questo nessuno ne sa niente”.
Sto per replicare, quando Morgana continua: “Puoi pure dirlo, al Capo, quello che hai visto. Ma secondo me non ne hai voglia”.
“Certo che racconterò tutto! Perché pensi che non…” – Morgana mi interrompe. “Perché quindici anni fa tu hai avuto una storia con una persona non binaria cinturiana” – inizio a impallidire: come cazzo fa a saperlo? Comunque non c’è nulla di illegale!
Mi cedono le gambe. La storia la ammetto, ero giovane e scriteriato e lɘi era bellissimɘ. Me ne ero innamorato perdutamente. Ma poi ero rinsavito, l’avevo mollatɘ e mai più rivistɘ. Aveva vinto il buonsenso: io ero terrestre: lɘi cinturianɘ e pure non binariɘ. Non avrebbe mai funzionato. E poi non avrei mai potuto fare carriera, se avessi tenuto Rain al mio fianco. Ma unɘ figliɘ no, non posso averlɘ. L’avrei saputo in qualche modo.
Eppure, ecco che alle spalle di Morgana sbuca unɘ ragazzinɘ. Mi assomiglia da morire. Si ferma e mi squadra. “Oh, papà” dice, e io, non più padrone di me stesso, apro le braccia e lɘ stringo forte. Guardo Morgana da sopra la sua spalla. “Abbiamo testato il DNA. È vostrɘ figliɘ. Rain non c’è più, ma Sol è qui, studia con ɘ altrɘ. Io conservo il tuo segreto, Duncan; tu conserva il nostro, Se parli, noi passiamo un guaio, ma metterai in pericolo anche tuɘ figliɘ e la tua carriera. Che farai, Duncan?”.
Non sapevo della morte di Rain. Non sapevo di Sol. Guardo la donna, e per la prima volta non provo avversione per lei, ma gratitudine. Ho appena scoperto di essere padre. Non potrò dirlo, certo, ma ne ho consapevolezza. Per me cambia tutto. Sol mi guarda, gli occhi viola, come sua madre. Dentro di me, ho già preso una decisione.
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