di Daniel Coffaro
Era meravigliosa, sebbene consultasse quotidianamente l’oroscopo. Ma in definitiva, amare un medico è stata una cosa sconsiderata.
A monte ci sarà lo stress, gli orari, il carico di responsabilità o tutto il flusso caotico che gestisce durante il servizio. Pertanto, quando non lavora, un medico ha bisogno di cose ferme. Da me, per esempio, si aspettava una relazione dimessa e di lunga prospettiva.
Un giorno le ho chiesto se non fosse innamorata solo dell’idea che s’era fatta di me. Con i medici non si è mai certi. Non è vero che credono solo a ciò che vedono: vedono solo ciò che vogliono credere. Per vocazione professionale dovrebbero essere scettici. Salvo poi il non passare sotto le scale, l’app del tema natale sul telefono, le sedute dalla cartomante offerta libera ottanta euro a botta.
Mi ha risposto che la cosa importante è non lasciarsi mai. Mi ha abbracciato, poi ha alzato la testa dal mio torace e mi ha detto: «Hai un’aritmia cardiaca.» Pochi giorni dopo ha deciso che era meglio non vedersi più. Da allora ho avuto un costante e irresolubile appetito.
Ho mangiato di tutto senza incontrare una vera sensazione di pienezza. Ho masticato filetti, frattaglie, uova, salami, fragole fresche, noci, chips, legumi, lische, spaghetti, ostriche, involtini primavera, legni di liquirizia, unghie, un tappo della bic; nulla.
Ho iniziato a mettermi in bocca i capelli ancora attaccati alla mia testa dalle radici e a deglutire. Mi si fermavano lì, poco sotto la gola, intricati a tutti i pensieri di lei. Non lasciarsi mai, stare insieme per sempre: l’ha ripetuto per anni, superstiziosa.
Qualche tempo fa ci siamo incontrati per la cattiva idea di un aperitivo. La prima cosa che mi ha detto è che mi trovava molto ingrassato e che dovevo fare attenzione al peso per tutelare il mio cuore. Si è preoccupata del mio cuore, la dottoressa.
Dopo dieci minuti non avevamo molto altro da dirci.
Le ho chiesto se avesse fame e mi ha detto di no.
Le ho chiesto se mi amasse ancora e mi ha detto che forse no.
Le ho chiesto se le andasse di fare sesso con me e mi ha detto che le poteva stare bene.
Abbiamo fatto sesso come non lo avevamo mai fatto: con il buio e con il profilattico. Per scaramanzia, credo.
Mentre eravamo nel letto le ho dato un morso sul culo. Ha riso. Gliene ho dato un altro e le ho preso la carne. Ha urlato. Si è alzata e mi ha chiesto se mi fossi bevuto il cervello o cosa. Ho iniziato a masticare e lei ha acceso la luce. Si è toccata la chiappa e ha visto il sangue tra i miei denti. Ho ingoiato quel suo pezzo di corpo per non perderla, per conservarla dentro.
«Per sempre» le ho detto. «Ora che lo vedi ci puoi credere.»
Mi ha poi urlato addosso delle cose, ma in quell’istante mi sentivo sazio.
Daniel è nato in un paese tra le montagne di Torino, nel 1988. Ha studiato fotografia e ha un master in storytelling. È autore e produttore di opere audiovisive e collabora con agenzie digitali come visual specialist. I suoi racconti sono ospitati dalle riviste letterarie: “Bomarscé”, “Crack”, “I libri degli altri”, “inutile”, “Narrandom” e “retabloid”. Ha ottenuto un riconoscimento al Premio InediTO 2019 ed è stato finalista di 8×8 si sente la voce 2021. È appassionato di hiking e di buona cucina.
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