1.
Lane è un uomo elegante dagli occhi sorridenti e maliziosi, con una punta di disperazione. Non sa gestire i rari slanci che si concede. Può essere goffo e il suo contrario. È inglese.
Ha pensato, per uccidersi, a una morte carica di significato e sobria, come vorrebbe essere (apparire) lui. Ma le Jaguar, si sa, sono macchine bellissime e inaffidabili, come le amanti. Così si è appeso accosto alla porta del suo ufficio, tanto da bloccarla. Si è appeso per il collo come un salame. Al diavolo, avrà detto: m’impicco. Roger e Don – che l’ha sulla coscienza – l’hanno sceso aiutati dallo zelante Campbell. Addio sobrietà.
2.
Il trauma per la morte di un personaggio gentile non è poi troppo dissimile da quello per una persona che non conosci bene ma che sentivi affine. Ma gli scrittori dell’episodio 12 (Commissions and fees, V stagione), ovvero i coniugi Andre e Maria Jacquemetton, hanno deciso di non farci assistere al funerale di Lane – i vuoti di trama e gli impercettibili salti temporali sono meravigliosi in Mad Men, come le famose sforbiciate di Lish su Carver – e di farci vedere soltanto la sfuriata della moglie che sventola in faccia a Don la foto della ragazza che Lane, innocente, teneva nel portafoglio. (Sally intanto ha il suo primo ciclo mestruale al Museo di Storia Naturale.)
3.
Io amo la moglie di Campbell, quell’odioso stronzo arrivista, perché ho guardato GLOW, dove è protagonista, prima di Mad Men. Alison Brie, la Trudy di Mad Men, per me resterà sempre la Ruth di GLOW. È possibile tentare qualcosa di simile? Il giorno dopo la morte improvvisa (per quanto telefonata) di Lane, danno in tv la maratona Chernobyl. Abbiamo visto nella pubblicità che Lane, cioè Jared Harris, è un personaggio importante anche in questa nuova serie di cui si è tanto parlato. Stavolta è un credibile russo, Valerij Alekseevič Legasov, vicedirettore dell’istituto dell’energia atomica. Compare già nel primo episodio. Lane rivive scritto da altri scrittori. Ci crediamo.
4.
Ci crediamo. La notte prima ha persino popolato i nostri sogni come un parente qualunque, e sognandolo lo abbiamo un po’ creato, Lane Pryce, Lane che sorge dalle rovine circolari, un “Adamo di polvere” borgesiano. Don invece no, non lo sogniamo mai.
5.
A quanto pare Legasov porta un fardello, un segreto. Registra dei nastri nottetempo, è tormentato, li impacchetta col giornale e li nasconde. Contengono la sua verità sul più grande disastro nucleare di sempre, 400 volte Hiroshima. Lane, cioè Legasov, cioè l’attore Jared Harris, passa la corda sopra il trave. (Di nuovo.) Il tumore alla tiroide, le rondini con l’encefalo ridotto. Gli atomi continueranno a decadere per migliaia di anni. Lo sa, e questo lo condanna. Le situazioni sfuggono di mano, gli slanci e le deviazioni si pagano. Sale sulla sedia e infila la testa dentro al cappio. La firma di Don che ha falsificato, le tasse lo hanno stritolato. Salta giù dalla sedia, uno schiocco alla base della testa. (Fa appena in tempo a ricordare il nome della ragazza della foto che aveva trovato in un portafoglio smarrito: Dolores.)
6.
Allora pensiamo che non c’è scampo. Che non si esce mai da questo Samsara simbolico evocato dalle serie televisive. Si nasce e si rinasce e si rimuore. Cambiano gli sceneggiatori ma non la parte – o, per dirla con Plotino: le reincarnazioni successive sono come un sogno che ne segue un altro, o come dormire in letti diversi.
Lane, perché l’hai fatto? Non lo sai che è tutta un’illusione?
Joan la rossa è sempre lì, seduta al tavolo che piange, e io, qua seduto a scrivere, non esisto di più.
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