Spesso la sconfitta ho incontrato, fin da piccolo, quando, pur desiderando l’esatto opposto, mi scontravo con mia sorella maggiore. Andando per cliché, il fatto che mia sorella fosse maggiore la rendeva doppiamente più avanti di me, non solo per lo scarto intellettuale derivante dalla differenza di età, ma anche per quello scaturito biologicamente dalla differenza di sesso: se io ero più fisico, lei senza dubbio era molto più abile con le parole, e mi fregava sempre.
Quando poi l’età e il sesso sono diventate un valore secondario, non è che abbia smesso di perdere. Probabilmente ho semplicemente imparato a vendere con più attenzione le vittorie, cercando di manipolare l’immagine di me in un modo che fosse per gli altri il più piacevole possibile. Credo che tutti quanti lo facciano. Mi sembra di dire un’ovvietà.
Penso che sia per questo che siamo sempre così attratti dalle imprese sportive, perché esse riscattano quel senso di sconfitta che addomestichiamo per renderci persone migliori agli occhi di chi ci guarda. Lo sport, a suo modo, è sempre una simulazione. Se dunque smettiamo di osservare la versione commerciale di noi stessi, per sbirciare appena quella reale, scopriremo che l’impresa sportiva dei vincenti è tanto parziale quanto l’albo d’oro delle squadre che hanno alzato la Coppa del Mondo, dato che per 1 nazionale che vince, ce ne sono 31 che perdono. Lo sport è come il monoteismo: ricordiamo solo Uno, a discapito dell’infinito. Sono quindi rimasto piacevolmente sorpreso quando Netflix ha proposto contraddittoriamente questa miniserie sui Losers.
Episodio 1: PUGILATO
Nella mia vita ho fatto a pugni diverse volte a causa del mio carattere un po’ troppo spumeggiante. Confesserò subito che, nonostante una certa aggressività, le ho prese sempre, palesando piuttosto la mia natura kamikaze, che quella di abile guerriero. I colpi che mi sono sta inflitti sono: parolacce, spinte, sputi, trattenute, pizzicotti, ceffoni, gozzini, nocchini, sgambetti, manrovesci, prese da lotta greco romana, leve di judo, pugni, gomitate, ginocchiate, affogamenti, torture medievali, torture cinesi e rapimenti alieni. Ma, ehi, non ho smesso di avere un carattere spumeggiante. La sconfitta ci insegna che la vittoria è relativa.
Episodio 2: CALCIO
Nella mia vita ho fatto diversi sport di squadra, tra cui Pallanuoto, Calcio, Rugby, Pallavolo. A seconda dell’impegno che vi ho riversato e al contesto preso in esame, sono sempre stato piuttosto bravo, tuttavia la mia bacheca personale dove appoggio i trofei è quasi del tutto vuota. Avrei voluto avere una stanza dedicata alle coppe, come Roger Federer, e un garage come quello di Cristiano Ronaldo, ma ho scoperto che posso essere felice anche se vado a fare la spesa a piedi e se un amico mi dà una pacca sulla spalla bisbigliando timidamente un: sei stato brv(o). La sconfitta ci insegna che vincere talvolta è semplicissimo.
Episodio 3: PATTINAGGIO SU GHIACCIO
Di quando in quando ho cercato di realizzare imprese che non pertenevano le mie abilità: costruire un mobile, riparare un motore, calcolare la radice quadrata di un numero primo a caso senza ausilio tecnologico, tradurre una versione di greco senza commettere errori, cucinare senza guardare l’orologio, smerciare vini sostenendo che il metano (?) serviva per addolcire il liquido sul palato, vendere prodotti da sci senza sapere cosa fosse la neve, compilare il mio 730, disegnare un edificio, teorizzare un sistema filosofico, etc… Quello che insegna la sconfitta è che gli sconfitti imparano a pattinare sul ghiaccio grazie ad una certa creatività.
Episodio 4: CURLING
Uno dei miei difetti più evidenti è che non ho la pazienza per aspettare: devo comunicare il più velocemente possibile quello che mi passa per la testa, senza calcolare continuamente i vantaggi e gli svantaggi che le mie parole potrebbero determinare nella mente degli altri (credo che questo pezzo ne sia una dimostrazione autoevidente). Taluni sostengono che sia a causa del mio segno zodiacale (Ariete), ma riscontro questo aspetto caratteriale anche in mia sorella (Capricorno) e in mio padre (Cancro), per cui forse lo zodiaco non c’entra niente. Sono in grado di rovinare una qualsiasi situazione a me favorevole solo per amor della battutta. Quello che insegna la sconfitta è che il curling è uno sport che possono fare solo i più freddi e pazienti e insinceri vincitori.
Episodio 5: MARATONA
La retorica del vincitore è quella di un uomo dedito dall’inizio alla fine al perseguimento del suo scopo. Essendo io una persona che si incuriosisce per una moltitudine di argomenti in contraddizione tra loro, l’unico fine a cui posso dire di essere sempre stato fedele è quello del perdermi nel deserto del Sahara. E sopravvivere. E divorziare perché sono sopravvissuto. La sconfitta è sempre e comunque una questione di vita o di morte.
Episodio 6: CORSA CON SLITTINO TRAINATO DA CANI
Fin da piccolo ho sempre avuto una buona capacità di empatizzare con gli animali, in particolare cani e gatti. Non per fare il fico dotato di poteri relazionali particolari, ma capisco abbastanza velocemente cosa stanno cercando di dire le bestie e di comportarmi di conseguenza. Con gli esseri umani, invece, le cose sono ben più complicate, dato che gli esseri umani sono creature piene di pregiudizi, secondo me più verso se stessi che verso gli altri, per cui non si permettono mai di abbandonarsi ad enunciazioni dirette, ma sempre e comunque artefatte in relazione all’autonarrazione che si stanno propinando in quel determinato momento della loro vita. La sconfitta ci insegna che i vincitori sono dei bugiardi.
Episodio 7: STREETBALL
Il tipo di competizione a cui ho partecipato che mi ha riempito più di felicità è quella praticata per gloria, anche perché nessuno si è mai avvicinato a me per chiedermi se poteva pagarmi per correre o per calciare una palla o via dicendo, per cui ho imparato a gioire in spazi piccoli e tempi ristretti. Il vincitore medio ti dirà che questo è fare gavetta, che si parte sempre dal piccolo per ascendere al grande. La sconfitta ci mostra quanto poco simpatici siano i vincitori.
Episodio 8: GOLF
I vincitori dicono sempre che anche se sbagli, anche se non vai in buca, beh, l’importante è portare a casa il risultato, se non è la vittoria, che sia almeno un buon piazzamento per il ranking, perché perdere una battaglia non significa perdere la guerra. Questa è la dimostrazione di quanto i vincitori siano terribilmente semplicistici: l’unica cosa che conta veramente, ce lo insegna il golf e sembrerà controintuitivo, è che prima o poi quella maledetta pallina bianca scivoli dolcemente dentro a quella minuscola buca spersa nell’imensità di un campo in un modo tale che non lasci dietro di sé cadaveri, sensi di colpa o cuori frantumati. Non si tratta di giocare per partecipare (mai ipocrisia più dolorosa fu pronunciata nel mondo dello sport), bensì di giocare non solo ed esclusivamente per la vittoria finale. Per farlo è spesso necessario abbandonare quell’atteggiamento testardo ed egoista che ci induce ad affermare cose come: ci ricorderemo solo del vincitore. La sconfitta è un romanzo di formazione che ci racconta di come si possa diventare persone migliori, senza essere necessariamente degli stronzi.
Conclusioni generali:
Non so cosa voi ne pensiate trovandovi in questo periodo storico dove il leader è un concetto cardine del pensiero politico di massa, ma l’idea di poter essere liberamente me stesso fin dentro alla sconfitta, anche su questo blog di autofinzioni vincenti, anche se comporterà degli sbagli che pagherò dolorosamente, anche se, anche se, anche se e anche se, beh, mi fa sperare in meglio per il futuro. Perché? E che ne so io! Chiedetelo a quelli bravi.

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