Bufere di neve cinematografiche che forse contengono pillole non veritiere a scopo non divulgativo e non medico e neanche sessuale, ma solo esistenziale:
Quando sei in cima ad una collina, dentro ad un maniero, fuori la neve che si attacca all’asfalto, intrappolato nel freddo di gennaio, irraggiungibile neanche dai più pelosi tra i Sanbernardi, la dispensa comunque sia piena o quasi, l’acqua nel boiler incandescente, in piacevole compagnia di studenti americani, la cui percentuale che più precisa non si può è dell’80% donne e dell’20% uomini (te stesso escluso) e il calcolo è facile visto che sono solo in 10, e i suddetti studenti insistono a più riprese per guardare un film a cui sei quasi obbligato a presenziare mentre la notte cala (tanto appunto non puoi andare da nessun’altra parte), allora potrai scoprire che tutte quelle pellicole che per tutta la tua vita ti sei fermamente, filosoficamente, fortunatamente, fantasticamente rifiutato nel modo più categorico di guardare o anche solo sbirciare di nascosto con la scusa dello studio antropologico, ecco anche questi film adolescenziali e fasulli, se guardati con le persone giuste, nel momento giusto, con gli occhi giusti, giustamente possono diventare epifanici proprio come è successo a me nel modo più inaspettato possibile con questa strana cosa amorfa che si chiama Lizzie McGuirre – Da liceale a popstar, perché, come ogni buona epifania nella storia della letteratura dimostra, lo svelamento delle più grandi verità non sempre passa attraverso la bellezza e la perfezione, ma qualche volta, anzi no soprattutto si manifesta proprio in quei generi secondari e di scarto, forse anche nelle forme più bieche del commerciale che tanto snobbamente ci rifiutiamo di guardare, solo che in questo caso, cioè nel caso della verità più alta trasmessa attraverso la merda, questa cosa che chiamiamo verità è sottilmente fraintesa e quindi magistralmente nascosta di modo che i più intellettuali tra gli intellettuali, così deviati da un eccesso di analisi e da un arrogante devozione al bello, perdono completamente quella sensibilità prettamente infantile che solo gli artisti possiedono e non riescono a riconoscere il bello quello vero che si nasconde dietro all’intrattenimento α-guardabile (dove la α è privativa) e che, sempre se con la giusta compagnia, può diventare un momento sia di imbarazzo personale che di abbandono a quella che potremmo definire un’ondata di relax esistenziale capace di farci trovare finalmente la pace tra le nostre componenti maschili e le nostre componenti femminili una volta per tutte e in modo radicale grazie ad Hilary Duff che è veramente graziosa, così che ora potremmo addirittura definirci un ibrido e solo in nome di tale confusione interiore potremmo giustificare quel piantino che stiamo facendo di nascosto mentre le studentesse americane, che sanno a memoria il film e citano battute come tu citi quelle de Il grande Lebowski, ripetono applaudendo (tu applaudi così solo per 1997 Fuga da NY) che Lizzie McGuire – Da liceale a popstar è incredibile (amazing, amazing, amazing), e hanno ragione, hanno tutte le ragioni del mondo, perché Lizzie McGuire – Da Liceale a popstar è davvero incredibile (dove in- è un in- privativo) e riderai con loro e applaudirai e in tutto questo riuscirai, non si sa come, ad essere anche autentico, salvo poi, una volta infilatoti a letto, felicitarti del fatto che la vita prima o poi finirà esattamente come è finito Lizzie McGuire, ovvero con un bacio a cui non segue nessun tipo di approfondimento sessuale mentre i fuochi d’artificio scoppiano sul cielo di Roma e tu ti ricordi che sei intrappolato in un maniero dove neanche i più pelosi tra i Sanbernardi riescono ad arrivare ed eccetera eccetera bla bla bla basta che alla fine ci sia almeno un punto.
⇓Se sei alla ricerca del secondo punto continua più sotto⇓
Questo pezzo sembrerebbe non finire mai, perché la recensione vera e propria del film la troverete solo qua sotto, se siete stati in grado di sopportare tutto il peso di quello di cui abbiamo già parlato:
Avete mai pensato al fatto che per capire dove andrà a finire il mondo nei prossimi anni dovremmo diventare capaci di immedesimarci con le eroine delle generazioni più giovani, piuttosto che con gli eroi maschili e questo per il semplice fatto che gli eroi dei film maschili corrispettivi a Lizzie McGuire sono costruiti per lo più su una sostanziale assenza neuronale e non è che quelli femminili si dimostrino particolarmente più intelligenti, ma almeno hanno una ipersemplificata elencazione delle regole grammaticali di base dell’amore e dei rapporti affettivi che nei corrispettivi maschili mancano per cui se il mondo sarà salvato da qualcuno, sarà qualcuno cresciuto con Hilary Duff, per cui avete mai pensato al fatto che potrebbe essere una vera e propria fortuna che pellicole come questa siano state create e abbiano avuto un così vasto successo e che se troveremo una soluzione all’inarrestabile boom demografico o all’inquinamento globale o alla fame nel mondo o alla carenza di risorse idriche o al tardo neocapitalismo o all’ingiustizia o ai buchi neri, sarà solo perché Hilary Duff cantava Hey Now have you ever seen such a beautiful night? e che quindi quando Dostoevskij sosteneva che La bellezza salverà il mondo di certo non si riferiva a Lizzie McGuire, ma solo perché Lizzie McGuire ancora non esisteva e che importa se poi la trama di questa pellicola è un continuo e stucchevole plagio mal eseguito di mille altre pellicole (Singin’ in the rain o Vacanze romane o Eva contro Eva o qualsiasi altra cosa vi passi per la testa, anche roba come Robocop o Predator), perché poi in definita l’unica cosa che conta davvero è che alla fine ci siano almeno due punti.
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