Malgrado il passato sia spesso bi-dimensionale, sono certo che era quello un tempo tridimensionalissimo.
Saranno stati i corpi nella penombra dello studio, saranno stato i volumi e le forme che assumeva il mio desiderio: volute di fumo, nuvole di vapore. Ma quello non era vapore.
Avevo smesso di fumare sigarette grazie all’aiuto congiunto di yogurt e yoga. La mia fidanzata dell’epoca era via per un corso di aggiornamento nelle campagne intorno a Bologna, un corso di aggiornamento sui massaggi shiatsu, che poi è una pratica millenaria giapponese: cosa cazzo vuoi aggiornare? Era importante che ogni volta sentissi voglia di fumare avessi vicino dello yogurt o che fossi alla mia lezione di yoga.
Smisi di fumare, ma perché poi? Smisi il giorno che lei partì. Perché fosse più difficile affrontare la sua assenza.
Era quella una mattina del fine settimana, i momenti peggiori da vivere senza una sigaretta, e arrivò a lezione la mia vecchia amica C.P. accompagnata dalla sua amica artista C.P. a sua volta, solo le iniziali avevano in comune. La prima una persona completamente sana, questa sua amica invece incredibilmente alta e internazionale in quel contesto di piccolo studio di yoga e problemi, anche quelli piccoli e legnosi, direi. Quest’ultima arrivò accompagnata a sua volta da Donata Wenders, non invento niente, che praticò yoga con noi, quella mattina sui tappetini che puzzavano di sudore marcio e cane.
E io pensavo a chissà cosa, se il corso di aggiornamento di shiatsu fosse solo una scusa, che la mia Silvana fosse andata a Bologna a fare l’amore e con chi, e che bello era fumare, che bello come fumare non c’era niente. E con quei pensieri praticai yoga accanto a Donata Wenders che sul finire della lezione in una posizione particolarmente faticosa mi franò addosso e si scusò, ma io ero altrove con la testa, l’aiutai e non me ne fregava niente di Donata Wenders.
Non erano giorni particolarmente belli, eppure erano giorni belli. Non torneranno più.
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