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Le ali della libertà | Un altro sport olimpico

12 Agosto 2016 di ferruccio mazzanti

Uno dei miei sport olimpici preferiti consiste nel far rivedere i film dei tempi andati alla mia ragazza, film che inesorabilmente lei non ha visto. L’anno scorso (prima dell’uscita del settimo episodio) le ho fatto scoprire Guerre Stellari. Poco dopo Wargames, Terminator 1 2 3 4 e anche il 5. Sono riuscito a farla esultare per Robocop 1, L’Esorcista, 1994 Fuga da NY e tanti altri.

Questa cosa di farle rivedere i film più importanti della cultura pop mainstream e in generale bassa coincide con molti intenti pedagogici: 1) quelle pellicole rappresentano un substratum creativo vivido e sempre a portata di mano; 2) la mia ragazza deve conoscere tutti i film della mia formazione e dovrebbe anche apprezzarli esattamente quanto li apprezzo io; 3) alleviare quel senso di tradimento che deriva dal fatto che la mia ragazza non ha visto un… bla bla bla.
Non è che le pensi veramente queste cose: non credo realmente che lei debba conoscere tutto di me. Mi ritrovo a sostenere tali posizioni quando mi metto a parlare di una scena di un film (non è che succeda molto spesso ma qualche volta succede) e lei mi guarda con quella sua tipica espressione da persona che non ha la minima idea di cosa io stia sostenendo. Non vuole ferirmi e allora fa finta di fantasticare su cose tutte sue. Io dico: Ah cavolo questa cosa è come il Navigator, e in effetti sarebbe bello girare per l’universo con tanti alieni nella propria astronave cromata.
Poi la guardo e scopro che sta osservando il soffitto e annuisce a qualche amico immaginario.
Ma non hai visto Navigator?
Fischietta.
Intendo NAVIGATOR?

Questa estate stavo sostenendo che il titolo Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank (un racconto bellissimo) fosse terribilmente più metafisico e sofisticato di un titolo come Le ali della libertà, così rozzamente retorico e cinematografico.
Lei fischietta guardando il soffitto.
Ma come? Ma non hai mai visto? Ma Le ali della libertà!!!
E mentre la costringevo a questa specie di corso di recupero, dentro di me un’infinità di ricordi, come sempre quando si guardano i film con cui si è cresciuti (nel bene e nel male, belli e brutti), che non riguardano mai il film in sé, ma sempre e comunque le persone che sono state intorno a noi mentre li guardavamo per la milionesima volta su Rete4 o Rai2 davanti alla televisione di una casa al mare.

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Postato in: Oceani di autoreferenzialità Tag: Le ali della libertà, Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, Stephen King Fai un commento

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