Ho compreso veramente chi fosse Rachel una notte fonda in cui ballava Shape of you di Ed Sheeran in una finta reggia costruita nei primi del novecento dalla figlia di Rockefeller, villa che emulava il periodo tardo barocco, se non addirittura illuminista francese, con lunghi corridoi dove solo la regina Anna Stuart avrebbe potuto melanconicamente trovarsi a suo agio.
Rachel aveva il tic nevrotico di controllare il mio cellulare, il mio computer, il mio blocco di appunti e la mia corrispondenza privata, facendo di tutto perché io non la notassi. Pensava che avessi altre donne oltre che lei. Coi suoi occhi da manga giapponese, i capelli mori, lunghi, lisci, il sorriso largo e una strana mania di tastarmi i muscoli delle braccia e tirarmi calci sui fianchi, ridendo come una pazza, alitandomi in faccia, schiacciandomi a terra con un salto imprevisto e tirandomi insistentemente per la manica della giacca nella direzione che lei aveva stabilito, come se fossi un cane al guinzaglio.
Ero un cane al guinzaglio.
La cosa che Rachel desiderava più di tutto era raggiungere una posizione gerarchica di controllo e potere nelle dinamiche sociali del suo gruppo di pari. In un certo qual senso strano e contorto, del tutto fuorviato e paranoico, l’ottenimento del giusto maschio rappresentava per lei un passaggio intermedio verso l’autorealizzazione. Probabilmente aveva equivocato il punteggio che la società mi ha assegnato qualche anno fa, anche se io, a onor del vero, mi sono sempre peritato dal dare delucidazioni puntuali. Nessuno, a dire il vero, lo fa.
Le sue amiche, invece, la temevano. Spesso mi chiedevano consigli su come ostracizzarla dal loro gruppo, ma io ero caduto in una specie di sortilegio dove la mia obiettività era inversamente proporzianale alla volontà cangiante di Rachel.
Inoltre avevo da poco riportato delle ferite alle mani e alle gambe a seguito di un incidente alquanto sciocco e la mia vita stava letteralmente, inesorabilmente, precipitosamente andando a pezzi, quando lei, consapevole degli ultimi avvenimenti della mia esistenza, venne da me senza essere stata invitata, una sera di aprile, e si mise a lavare con le sue lacrime e i suoi bisbigli i miei dolori. Era lenitiva e al contempo, cosa che misi a fuoco più tardi, bruciava letteralmente dall’interno come una fornace diabolica.
Era una fornace diabolica.
Le ci vollero poche ore per inizare a stare con me parlando tra sé e sé delle macchinazioni che aveva in mente di realizzare per ottenere il tanto agognato scettro. Ma di quale scettro stai parlando? Rachel non era la tipica ragazza in possesso dell’abilità naturale dell’ascolto. Poteva concepire geometrici complotti contro le sue amiche esattamente mentre tu morivi tra le sue labbra, lasciandoti perplesso, confuso, triste, ancellare e, in una maniera che non saprei spiegare in alcun modo, felicemente realizzato.
Ho scoperto, grazie a Rachel, che il vero enantiodromico potere è esclusivamente quello femminile, nonostante i loro modi delicati e i fiochetti sulle mutande. Di fronte alla sua lotta per aver ragione delle sue amiche, le mie battaglie sanguinose sembrano pizzicoti tra nani ubriachi o stupidi giochi maschili tra Lord in parrucca. Quando poneva l’indice in posizione verticale sulla sua bocca per intimarmi il silenzio, avevo paura. E stavo zitto.
All’inizio pensavo fosse un’attrazione sessuale caratterizzata da una passione al limite del cliché, ma quando lei borbottava accanto a me, nuda e liscia e splendente come la luna piena, era di una bellezza che ti piegava in due e ti faceva strisciare come un viscido serpente ai suoi piedi, sibilando nera devozione.
Ho compreso la nera devozione quando una sera è entrata in camera mia in lingerie, cantando ubriaca e indifferente alla concentrazione di cui avevo bisogno per concludere un lavoro che si protraeva da troppe ore. Ha messo sul suo amplificatore portatile in wireless Shape of you di Ed Sheeran e si è messa a ballare come non aveva mai ballato prima. Che è succeso, Rachel? Ma lei ha continuato a ballare come fosse in trance, come se io neanche esistessi, poi si è avvicinata a me e mi ha sorriso con una determinazione negli occhi tale da farmi sentire un puro, mero, futile oggetto e mi ha sottoposto ad un processo di reificazione tale che ha cominciato ad esistere solo lei, mentre io, con tutti i miei orpelli mentali e percettivi, svanivo definitivamente tale e quale a un contadino che sparisce tra i grandi avvenimenti della storia. E proprio da quel nulla privo di coscienza in cui mi ero tramutato che ho cominciato a sentire, provenienti dall’altra parte delle mura della stanza dove Rachel mi aveva imprigionato, i pianti e i lamenti delle sue amiche, distrutte dalla sete di potere di Rachel, che, non so come, doveva aver ottenuto il proprio sciocco, caduco, inutile scettro. E all’improvviso ho cominciato a vedere attraverso di lei e ho visto qualcosa di cattivo e immorale che si dimenava oscenamente come una baccante antropofaga. Ed è lì che ho compreso che provavo devozione.
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