Il settembre del 2018 verrà ricordato da noi di In fuga dalla Bocciofila come l’anno della prima volta. La nostra prima partecipazione ufficiale a un festival di editoria. La nostra prima volta con il banchino. Poiché fare una valutazione complessiva su FirenzeRivista non mi riesce e non mi compete, seguono alcune considerazioni personalissime*, in ordine sparso, o per meglio dire: confuse.
(*) opinioni che non rispecchiano la visione generale di In fuga dalla Bocciofila, ma solamente le mie.
1. La stanchezza, finalmente.
Una cosa che ho capito è che quando hai un banchino a un Festival sarai perennemente stanco.
Si avvicinavano a noi vecchi editori col loro passo strascicato che domandavano: Come va, oh voi ragazzi giovani, col vostro banchino?
Ci stiamo divertendo, abbiamo risposto, ma è molto stancante.
Eh, sì, voi non ci credevate quando ci vedevate là dietro ai banchini con le nostre facce grigie, le nostre occhiaie, le reputavate solo una posa, ma è stancante avere un banchino, ora lo sapete, hanno commentato loro.
Per Giove, pensavamo, certo che è stancante avere un banchino se hai anche lavorato tutta la settimana, senza dimenticare che venerdì sera hai bevuto e ti sei drogato.
Detto questo il mio pensiero è che sia bello essere stanchi in questo modo. Voglio dire: io la vita la immagino esattamente così.
2. Una valutazione.
Ma insomma com’era il Festival delle Riviste? C’era gente?
Sì dai, c’era gente.
E voi della Bocciofila? Avete venduto? Vi siete divertiti?
Abbiamo venduto abbastanza, ci siamo divertiti. Stancante, ma bellissimo (l’ho già detto che era stancante?). Bello stare spalla a spalla con persone che fanno cose simili e diversissime da noi. Bello raccontare a persone che non ti conoscono quello che fai.
A tratti è stato pauroso, come quando mi sono trovato davanti un ragazzo (M.R.) che mi ha detto: Perché non avete ancora risposto alla mail che vi ho mandato mesi fa? Non mi importa se il pezzo non verrà pubblicato, ma voglio saperlo! E io allora ho avuto paura che quella volta era ok, perché quel ragazzo era una persona normale con le sue problematiche e i suoi desideri, ma in definitiva normale, che non mi avrebbe picchiato nel parcheggio di Sant’Ambrogio con una mazza da baseball perché non avevamo ancora risposto alla sua mail, ma che un giorno sarebbe successo. Quindi il contatto con la realtà di un Festival è stato utile per cercare noi come Bocciofila di provare a migliorare varie cose, tra cui la questione dei contributi esterni, che in fondo significa solo che il blog sta crescendo e diventando (un po’ più) grande.
3. Gli Incontri
C’erano vari incontri (o come abbiamo imparato a dire anche noi con aria compassata: panel) interessanti a cui è stato bello assistere come pubblico o partecipare. Vi erano alcuni incontri con ospiti importanti e ospiti famosi e altri con ospiti meno famosi. Ho assistito a un dibattito acceso sulle questioni del femminismo e del #metoo, ho sentito conferenze in cui si parlava di punteggiatura, altre in cui si parlava di traduzioni e altre ancora in cui si parlava di piccole riviste eroiche. Mi sarebbe piaciuto ce ne fossero ancora di più. Moltissimi, un casino di incontri, continuamente, a tutte le ore e minuti del giorno. Mi sarebbe piaciuto assistere a un caleidoscopio di incontri con gente mai vista e mai sentita prima, che gli incontri non finissero mai.
4. Momento Apice
La festa all’Ostello Tasso quando i ragazzi di Verde Rivista ha fatto partire Scooteroni della Dark Polo Gang e l’editore Francesco Quatraro cantava come fosse un The Andrè.
E secondo momento apice, non in ordine di importanza, è stato quando Violetta Bellocchio ci ha riconosciuti come In fuga dalla Bocciofila. Che Violetta Bellocchio sapesse cos’era la Bocciofila è stato pauroso, ma bello. Pauroso perché non sapevo bene che cavolo dire. E adesso che Violetta Bellocchio sa di noi, cosa sarà di noi? Come faremo a nasconderci? Bello perché era assurdo che lei conoscesse questa cosa piccola e cara che è la Bocciofila.
5. Partecipazione
Era bello che ci fosse tanta gente alle Murate, ma non era bello che fossero là per farsi i fatti loro. Per bere, per vedere un’amica o un’amico, o per chissà quali altri motivi. Non che dovessero sentire le conferenze per forza tipo legati alla sedia con le pinze apri-palpebre in stile Arancia Meccanica, ma sarebbe stato bello fossero venuti per quel motivo e non per altro. Forse è mancata una vocazione popolare nel festival? Non so. Forse sono mancati i soldi per fare pubblicità massiva? Forse è mancata un po’ di partecipazione, cosa che si potrebbe imputare alla salute in cui verte la letteratura stessa, ma forse no. Sarebbe stato bello ci fosse stata molta più gente. Moltissima gente. Non so come sarebbe stato possibile, ma mi sarebbe piaciuto.
6. Organizzatori
Chi organizza un Festival a queste condizioni, con pochi o pochissimi soldi, è per me una specie di Santo (maiuscolo) laico. A questi ragazzi gli dovrebbero fare le statue nelle chiese, anzi no: nelle librerie. Poi se sono ragazzi quasi tutti ventenni o trentenni, mi viene da pensare che le statue dei santi piangono lacrime a spruzzo che è sangue caldo e di seguito penso: ma che cavolo di generazione disastrata siamo? Come siamo ridotti? Dove sono i padri? Dove diavolo sono finiti tutti quanti?
7. Polemica n°1
Lo stesso fine settimana di Firenze Rivista c’erano altri due eventi importanti in città: L’eredità delle donne, organizzato da Serena Dandini, e Genius Loci in Santa Croce (*). Sembrava di essere in un racconto di uno scrittore sudamericano per l’assurdità di una situazione del genere, cioè nel paradosso di una città in cui “non c’è mai niente da fare” e poi sono presenti tre cose che si rivolgono più o meno sempre allo stesso pubblico, quasi in simultanea. Come hanno scritto sull’editoriale di Lungarno, forse un minimo di coordinazione non sarebbe stata male.
Anche in questo caso io non so come si potrebbe risolvere la cosa, magari se le tre cose fossero avvenute nello stesso luogo, chessò la butto là: alla Fortezza da Basso, ci saremmo incontrati e scambiati un saluto.
(*) a questi tre eventi va a aggiungersi il Festival Circostanza, organizzato dalla rivista on-line Stanza251 che si è svolto durante tutto il corso della settimana successiva al FirenzeRivista, nei locali delle ex-leopoldine in Piazza Tasso.
8. Polemica n°2
La settimana successiva al Firenze Rivista c’è stata Firenze Libro Aperto. E già erano pronte le polemiche. Polemiche che persone che non sono dentro all’ambiente degli scrittori fiorentini (la cosiddetta “scenicchia”) io credo abbiano fatto estremamente fatica a capire, quando l’hanno capita, se ne hanno sentito parlare (cosa di cui io dubito). In breve alla Fortezza da Basso, per il secondo anno consecutivo, si è tenuta una fiera o una specie di salone del libro. L’anno scorso c’erano stati vari problemi, tipo che avevano invitato Matteo Salvini o che non c’erano quasi nessuna casa editrice grande o media o piccola, ma era pieno per lo più di case editrici a pagamento (le famigerate EAP). Questo è un argomento che se provo a spiegare a qualcuno che non mastica letteratura mi risponde: e allora? Non vanno bene le case editrice a pagamento? No, non vanno bene, rispondo io, e te lo posso spiegare facilmente. In breve, argomento io, la proliferazione di case editrici a pagamento va a discapito della letteratura stessa, perché fa sì che si pubblichi di tutto, senza un filtro e sopratutto senza un vero interesse in quello che si pubblica, senza un distribuzione, senza una promozione da parte dell’editore. Senza valorizzare davvero quello che si pubblica. Soprassedendo sul manicheismo del tuo discorso, io so, risponde il mio ipotetico interlocutore che aveva iniziato facendo finta di nulla, ma qualcosina la sa, che tanti che scrivono poesia si rivolgono alle EAP, per chi scrive poesia è abbastanza normale auto-pubblicarsi, almeno i primi libri. Oppure pensa nel caso della musica. Chi è che non si auto-produce? Non conosco bene questi casi, rispondo io dubbioso, ma ti garantisco che per il caso della letteratura in prosa non fa bene a uno scrittore cercare l’auto-pubblicazione, meglio insistere coi rifiuti, perché alla fine se insisti ce la farai. Sarà come dici, risponde il mio interlocutore ipotetico, comunque a me a tratti pare che tutto questo livore verso Firenze Libro Aperto sia dovuto al fatto che non lo avete fatto voi. Al che io sono costretto a rispondere: Esattamente il contrario! Tu non capisci, questi volevano essere invitati ai saloni del libro, non li hanno invitati e allora hanno detto: Sai che? Allora il festival me lo faccio da solo. Al che il mio ipotetico interlocutore ha risposto: Sì, ma perché diavolo non lo avete organizzato voi un grande Festival del Libro a Firenze? Non è quello che serve, ho risposto io, ci sono già troppi Festival e Saloni e Saloncini, non cogli il punto del mio discorso. D’accordo, risponde l’altro, ma a quello che mi dicono un po’ di gente, a questo Firenze Libro Aperto, ci è andata, quindi forse ci sono le condizioni per farlo! Forse, se voi siete così ganzi come dite, potreste provare a fare un Festival tutti insieme, invece di una miriade di micro festival divisi!
E via polemiche su polemiche.
Infatti quest’anno, gli organizzatori del Firenze Libro Aperto avevano invitato oltre a loro stessi, solo gente di sinistra, Nanni Moretti, i Modena City Ramblers, così almeno non gli avrebbero accusati di essere di destra, ma i problemi c’erano anche quest’anno, o così mi hanno raccontato visto che io non sono andato (il biglietto d’ingresso costava 10 euro), poiché c’erano i banchini bruttissimi e era organizzato tutto male, senza mappe e punti ristoro cattivi e dovunque ti giravi c’era una EAP pronta a pubblicare il tuo libro a pagamento. (Questo punto sta diventando paurosamente lungo e io -scusatemi- sono già un po’ stufo).
9. Futuro
Mi piacerebbe che al prossimo FirenzeRivista, la Bocciofila potesse contribuire più attivamente, facendo di più e facendo meglio (io me la ricordo una mail in cui si chiedevano adesioni per l’organizzazione del Festival, ma ero in un periodo incasinato, e lasciai stare). Magari come Bocciofila organizzeremo una delle nostre “haiku night”, evento che ci ha resi famosi nel mondo intero (forse nel mondo è eccessivo, a Firenze in zona Centro Storico), magari proveremo a dare un aiuto organizzativo più sostanziale.
Forse mi piacerebbe anche che il FirenzeRivista avvenisse in uno spazio dove non ci si confonde con chi è passato là per caso solo perché aveva fame o voleva vedere la partita.
Mi piacerebbe che FirenzeRivista diventasse una grande manifestazione popolare, dove ci sono tante persone e si uniscono differenti anime culturali della città. Mi piacerebbe anche che gli scrittori fiorentini, di diverse generazioni, concorressero a restituire questo clima positivo di cui si parla tanto, in una manifestazione che sapesse accogliere la cittadinanza e le persone dell’ambiente letterario che vengono per l’occasione da fuori città. Io quando leggo di tutte queste polemiche o in certe mattine che provo a scrivere un articolo confuso come è questo per la Bocciofila, penso sempre a quella canzone dei Pink Floyd, che fa: Togheter we stand, divided we fall.
Frase che forse sarà anche un po’ banale, ma temo sia comunque abbastanza vera.
(La foto di copertina è uno scatto di Stefano Bevos Pierri)
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