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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Il profeta | Resistere al tempo

16 Marzo 2017 di simone lisi

Avvertenza: Il seguente post è stato scritto sotto effetto di stupefacenti, quindi non ha conclusione, si avvita su se stesso, è autoreferenziale.  

Il profeta:
uno dei film chiave della mia generazione.
Il caso di traduzione del titolo originale che sembra all’apparenza uno dei più lievi, ma forse è il caso più grave di tutti.
Uno di quei film che se mi chiedono (ma nessuno chiede mai niente del genere, solo che lavoro faccio) dieci film, ma forse cinque film, io ci metto dentro.
Un film che mi fece una fortissima impressione appena uscito, che vidi in streaming (ti ricordi di quando si guardavano i film in streaming su cineblog? E prima ancora su altri siti e nomi che ho quasi scordato, nomi dai contorni esotici, pirateschi, ma da qualche parte quei nomi sono ancora nella mia testa), film che poi ri-vidi al cinema, convincendo a venirci con me tanti amici da riempire una fila del cinema Flora in Piazza Dalmazia.

Lo rivedo in questo periodo su Netflix a distanza di quasi dieci anni (esagerato! mi fa eco Diana, dieci anni non credo proprio. Ma in effetti sono passati otto anni, controllo dopo su google) e, anche a causa di un mix di alcool e canne, non riesco a finire di vederlo nelle prime due tranche. L’impressione di queste due prime parti ri-ri-visionate è che il film non abbia resistito al tempo. Che tutta una serie di scene che mi sembrarono ottime (le scritte a definire capitoli, la scena della premonizione dei cervi che corrono a rallentatore) non lo sono più. Sono diventate inflazionate, abusate. Anche la questione dei differenti idiomi, sì, interessante, ma anche basta. Perfino l’arabo fantasma che appare nella cella oggi mi sembra ridicolo con le sue ferite posticce, con il suo fuoco sulla schiena.

Penso in un certo senso che tutti i miei film preferiti hanno questa componente di attore-mai-visto-che-smette-di-essere-attore, per diventare vero. Che certi attori sono ormai troppo iconici per riuscire io a dimenticarmi che sia la bambina nel film Léon. Sono queste parole dette da Diana l’altro giorno, in generale, e io credo di averlo capito solo stasera. Diana comunque ha ragione, e questo film non fa che confermarlo. Eppure anche l’amico del protagonista che muore di cancro, io adesso che mi ci fai pensare l’ho visto di recente, negli Uomini di Dio, sempre su Netflix, insomma anche lui stasera smette per un attimo di essere un arabo che ha per amico un profeta, e diventa un attore navigatissimo, che malgrado il suo essere nordafricano riesce a diventare l’attore del momento, eccolo uno sguardo lievissimamente compiaciuto, adesso lo vedo.

Però poi alla terza tranche, quando finisco di vedere il film, e già ho in mente un articolo che scriverò per la Bocciofila che ruota attorno a dei discorsi che sentivo l’altro giorno quando ero in Via del Drago d’Oro a una riunione con la redazione di Stanza251, ma non ricordo di che film si parlava, credo che fossero Zei e Tossi che non erano d’accordo su un film tristemente datato, secondo uno, e l’altro che invece lo trovava attualissimo. Ci sono. Indagini su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, con Volontè.

Ecco, io pensavo stasera che avrei fatto mio quel loro discorso, dicendo che Il profeta non aveva resistito al tempo, e che era una cosa triste, ma era così.
Poi però la terza tranche mi ha fatto ricredere, e devo dire che la scena madre, ovvero l’ammazzamento per le strade di Parigi, e tutta la sua preparazione, è una scena che mi piace. E in generale il finale funziona ancora. E mi ha tenuto là nel film.

Pensavo anche questo, visto che ormai siamo a dire le cose: uno che scrive un film, magari parte da un’intuizione, la segue passo passo, ma poi alla fine, ha scritto tutto il film e guarda il suo lavoro, lo guarda nella sua interezza. Magari qualcosa non gli torna, lo cambia, magari no. Magari guardando la storia nella sua completezza lo aggiusta, lo fa quadrare. Eppure questo senso di quadrare io credo sia sbagliato, perché le cose non vanno così. In questo film che forse non resiste al tempo, ma resistere al tempo se ci penso bene è un concetto che non resiste al tempo, non ho avuto l’impressione di aggiustato tramite la visione d’insieme, e questo lo valuto una cosa positiva. Non so più che volevo dire. Mi sono perso.

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