Se Harold e Maude fosse una rivista sul litweb italiano, non solo avrebbe fatto un brutto affare, ma sarebbe sicuramente Malgrado le Mosche: una banda mal’assortita, male in arnese, senza un euro (senza che questo sia un problema, anche se lo è, diciamoci la verità), ma indissolubilmente unita da un amore inopportuno e imprevisto: quello tra un’eccentrica e vitale vicchiarella e un corpo redazionale giovane, disilluso e che s’è già rotto il cazzo.
Harold e Maude, come MLM parte da umili origini e magri successi, fino a raggiungere alcune delle più grandi onorificenze del litweb: essere contattata da Ciro Marino per sapere se per caso gli avanzasse un romanzo ed essere presi in giro da La Nuova Verdə per trascorrere un pomeriggio piovoso.
Un film che porta alle estreme conseguenze il concetto di famiglia trovata, con le sue lunghe, spossanti riunioni, grazie alle quali alcuni dei redattori vedono più i propri colleghi che familiari e persone amate.
Un film così profondamente anarchico che in tutto questo testo non troverete alcun riferimento a gerarchie interne, rapporti di potere, nemmeno un nome, perché non ci lavora nessuno in Harold e Maude. La pellicola è apparsa già così in una videoteca genovese verso il ’75 e il resto del mondo ha retto il gioco finché ha potuto.
Allo stesso modo, non esiste nessuna Malgrado le Mosche. È un’espressione dell’amore che gira nella bolla, goffo e analfabeta, incapace di esprimersi se non attraverso le spire diaboliche di WordPress.
Che comunque, è meglio di niente.
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