Ci sono certe persone che sono dense anche se le hanno disegnate nel 1998. Abbracciano anche i sassi. Dimenticano le cose per fame e per stanchezza e per fretta. Ma hanno nascosto da qualche parte fotografie di donne o uomini o altre forme di vita. Le guardiamo di nascosto sorridendo di nascosto mentre andiamo verso Ganimede.
Ci sono cose che non si stancano mai di apparire nello stesso modo finché queste persone ci dicono esattamente la cosa che volevamo sentirci dire. Ovvero che quando torni a casa la notte, la casa è un’astronave che viaggia di pianeta in pianeta. E devi sempre ripararla, controllare che ci sia benzina, sopportare gli altri cacciatori di taglie che sono la tua famiglia. E prima di cominciare a vivere c’è una sigla new-bebop-noir. Vivere è sognare. Vivere è scomparire.
Ci sono sempre stupidi fuorilegge che però non producono alcuna storia in questa galassia tutta recitata da duri pieni d’amore. Sono invece quei criminali per sacrificio che ci mostrano piccoli frammenti di specchio in cui solo apparentemente vogliamo guardare il nostro pudico riflesso. Sarà il romanticismo, sarà questa affettività da rinnegati, sarà questo cuore muto tutto proteso verso un passato extradiegetico a commuovermi così tanto mentre navigo tra i pianeti, alla ricerca di un secchio dove vomitare, sudato e pallido.
Le puntate di Cowboy Bebop scendono giù come una medicina. Riconducono le giuste cose nei giusti posti dentro di noi. Dentro a questo intruglio c’è un mix di cose sane e prima di allora sparpagliate tra le mille pellicole dei mille generi differenti: Cowboy Bebop is a new genre unto itself” (lett. “Cowboy Bebop è un nuovo genere a se stante”). Innanzi tutto homeless alla deriva, catapecchie in movimento, diseredati, sconfitti, la parte minore e sciocca dell’universo, camionisti, bombe, animalisti impazziti, morali ambigue, noir, western, fantascienza, hard boiled, blaxplotation, heroic bloodshed, cyberpunk, commedia, tragedia, slapstick, epos, romanzo, realismo, virus, hacker, silenzio. In secondo luogo l’eroismo del non dire neppure una parola di troppo. E poi le rose che cadono nelle pozzanghere. Orologi fermi nel tempo. Lacrime trattenute. Amori volati via.
Navighiamo tra un pianeta e l’altro. Alla ricerca di taglie. Non guadagneremo mai i soldi necessari per una vita agiata, perché facciamo sempre la cosa giusta. Oppure perché le persone muoiono intorno a noi. Oppure perché ce ne andiamo via. Vivere è dimenticare. Vivere è non scordare.
Credo che Cowboy Bebop andrebbe rivisto tutto almeno una volta ogni cinque anni, un po’ come un vaccino. Dovreste prendervi qualcosa per guardarvelo in una lunga maratona di 572 minuti circa (poco meno di 10 ore), qualsiasi cosa. Che come il vino buono diventa sempre più affilato e cupo. Un po’ come un lungo addio.
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