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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Commenti in ordine sparso sul 7° Middle East Now

11 Aprile 2016 di simone lisi

1. Il fienile più fotografato d’America

Una delle prime impressioni è che in questo festival specifico ci sia il più alto numero di fotografi per numero di film e di spettatori. Cos’è che essi fotografano esattamente?
Volti di persone in fila, volti di registi, organizzatori, assistenti, file sui foyer, cinema pieni. Andando via da Villa Bardini, con il glicine in fiore, pensavo che la memoria complessiva di tutte le macchine fotografiche è solo apparentemente infinita: e che tuttavia no, non è in grado di fotografare (quasi) un bel nulla. Non quel glicine.
Dio, come sono moralista.

2. La sera della prima

C’è una strana tensione tra l’intimità di un cinema, tra le regole che vigono in un cinema quando le luci si spengono, tra quel misto di solitudine e comunione che si prova, e di contro la sera dell’inaugurazione. Con le file e tutte quelle persone quasi a farsi vedere, quel cercare con lo sguardo, chi? Che cosa? La sorte? Poi per fortuna arriva con ritardo l’ora del film, le luci si abbassano, e possiamo rilassarci.

3. La sera della prima, parte due | Terrore

Alla sera della prima, certo, durante tutti quei discorsi, ma una bella bomba, no?

4. Bulimia/Esistenzialismo

Ai festival è bello entrare alle tre e uscire alle otto, sconvolti, in cui i film finiscono per sovrapporsi, come in un film di Miguel Gomez. Mangiare un boccone e poi tornare dentro altre quattro ore. Che mi frega, penso dentro di me, della realizzazione personale, nel lavoro, delle relazioni umane, dell’amore, della mia famiglia, stato nazione: a me basta avere un accredito per rimbombarmi di cinema e la mia vita sarà risolta.

5. (Italiano) Medio Oriente

Insomma, com’è questo medio oriente? Te l’hai capito? Ma esiste?
Come scusa?
Certo, voglio dire, ha senso parlare di Medio Oriente? Cioè l’Egitto, il Marocco, la Siria, hanno tratti comuni?
Sì, qualcosa in comune ce l’avranno, come la Francia e l’Italia e la Spagna.
…
E quindi che c’hai capito?
Ma come sei, che tipo: mica c’è una cosa da capire, c’è da vedere dei punti di vista, sovrapporre cose diversissime, mica nessuno vuole esaurire gli argomenti
E quindi?
Ma niente dai, non capisci un cazzo.
Sarà, ma anche te non mi sembra che ce l’hai chiarissimo.

6. Glamour

Una cosa che proprio non capisco è perché il Medio Oriente sia così modaiolo. Questi colori alla Almodovar, questa movida. Ma perché? Ma che è? Le ragazze al banchino delle informazioni mi hanno guardato come a dire: qual è il problema che hai, esattamente?

7. Under the banano

Parlando con gente apparentemente figa, all’inaugurazione della mostra, nascosti sotto il banano per ripararci dalla pioggia, abbiamo capito che erano tutti un po’ in difficoltà. Tutti con i loro problemi narrativi, con le loro vite fallimentari, o quasi. Pioveva e comunque stavamo bene, sotto il banano, era aprile, capisci? Un vecchio amico allora mi ha detto: sarebbe bello che tu ne parlassi di questo momento, che lo dicessi, di noi qui sotto a parlare.
Sì.

8. Reqiuem

Nella giornata di domenica sono stati proiettati in sequenza dei film egiziani. Nel secondo, Tuk Tuk, la colonna sonora era principalmente Beethoven. Si vedevano questi bambini guidatori-schiavi in una città, Il Cairo, sempre più allo sbando, e di sottofondo questa musica tragica: suonava particolarmente coerente e quasi profetica con i terribili fatti di Giulio Regeni.

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