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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Cinema e alcool

8 Settembre 2015 di giovanni ceccanti

Secondo uno studio pubblicato da The Lancet nel 2010 e basato su una serie di parametri che vanno dai problemi fisici all’impatto sul crimine fino ai principali effetti socio-economici, in Inghilterra la droga più pericolosa è l’alcool, seguito a ruota da eroina, crack, metanfetamina e cocaina. Per chi se lo fosse chiesto il tabacco viene subito dopo – ma prima della marijuana – e i funghetti allucinogeni chiudono l’elenco, praticamente in punizione, dopo almeno altre dieci droghe tra cui le benzodiazepine (che ci prescrive il medico per ridurre l’ansia) gli steroidi anabolizzanti (sic) e il butano (il gas degli accendini).

Del resto è proprio per stemperare questo paradosso che è nata un’espressione vagamente ironica che viene talora apposta sulle etichette di vino e birra: Bere con moderazione. Oppure si punta il dito, ma con affetto: Bevi responsabilmente.

Bill Hicks diceva: Non tutte le droghe sono buone, alcune sono magnifiche.

L’alcool è socialmente accettato/promosso e può essere terribilmente economico o terribilmente costoso; i negozi di liquori – i paki – spuntano nelle città come funghi dopo un acquazzone estivo.

L’alcool è quella cosa che un tizio in livrea con un medaglione al collo consiglia per una cena aziendale a base di aragosta in court-bouillon. Volta la carta e la tavola imbandita diventa il bancone sgombro di un bar e il Lagavulin invecchiato 16 anni diventa una vodka calda che sa di benzina. L’alcool è la droga di chi cade dalla propria carriera e non riesce a risalirci, il cosiddetto “perdente” – la bottiglia in un sacchetto di carta marrone, bere per dimenticare, forse è meglio se ci vai piano che sono solo le dieci del mattino. Ma frasi come quest’ultima si sentono soltanto nei film. Nei film americani.

Amarsi

Una delle più pietose descrizioni dell’alcolismo viene fatta in questo film del ‘94 con una Meg Ryan prebotox e un Andy Garcia più moscio del solito. La sceneggiatura corre di cliché in cliché – tipo far recitare a Philip Seymour Hoffman la parte del tossico che diventa amico di Meg durante la disintossicazione – per giungere al finale scontato e consolatorio.

Giorni perduti

Agli antipodi rispetto al film di Luis Mandoki, questo film viene ancora preso ad esempio per la rappresentazione degli incubi da delirium tremens. Vinse 4 oscar, i 4 oscar più importanti, e aprì alla figura dello scrittore alcolizzato. Sulla tomba di Billy Wilder c’è scritto: Sono uno scrittore. Del resto, nessuno è perfetto.

Via da Las Vegas 

Ditemi pure che recitare sopra le righe è più facile che andare in profondità ai personaggi ma non ditemi che Cage non è il migliore a recitare sopra le righe. Nicolas Cage non è mai stato un grande fan del “less is more” di Marlon Brando. Dicono che per interpretare questo sceneggiatore deluso e depresso Cage si ubriacasse davvero sul set. Sempre a proposito di scrittori, invece: O’Brien, lo scrittore che aveva scritto il romanzo da cui è tratto il film, si suicidò con un colpo di pistola due settimane dopo aver saputo che il libro sarebbe appunto diventato un film.

Flight

Io Zemeckis lo adoro perché ha fatto All’inseguimento della pietra verde, Ritorno al futuro, Chi ha incastrato Roger rabbit?, La morte ti fa bella, Forrest Gump, Le verità nascoste, A christmas Carol senza battere ciglio, mostrandosi incredibilmente eclettico, però Flight non mi è piaciuto troppo anche se affronta l’alcolismo in modo originale.

Moscone da bar

Quindi, gli scrittori bevono molto. Charles Bukowski, che ha scritto questo film, diceva: Se succede qualcosa di brutto si beve per dimenticare; se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare; e se non succede niente si beve per far succedere qualcosa.

Michelin_Poster_1898

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Postato in: La vertigine della lista, Recensioni Tag: amarsi, flight, giorni perduti, giovanni ceccanti, moscone da bar, via da las vegas Fai un commento

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