Appena uscito dal cinema avevo tante belle cose da dire su questo film, adesso ho solo da proferire alcune banalità, come il fatto che questo film è l’unico film di Iñárritu che mi sia mai piaciuto.
Inoltre l’ovvia e palese constatazione che Birdman si colloca a metà strada tra Synecdoche NY di Kaufman e Arca russa di Sokurov, sebbene il tratto saliente della poetica sottesa appartenga più al (oh mio dio lo sto per dire, questa parola impronunciabile che chi la legge sbuffa sebbene il più delle volte non abbia la minima idea di cosa significhi realmente) al postmoderno americano (sicuramente non a quello europeo).
Ci sono continui salti di genere, dal fumetto alla tragedia, dall’ironia finale alla commedia musicale, tutto unito da un lungo, prolungato falso piano sequenza che talvolta strappa sorrisi di ammirazione per come il punto macchina riesca a spostarsi da una soggettiva ad un controcampo come se fosse tutto naturale, senza però che il virtuosismo risulti narcisista o inutilmente pesante.
Inoltre il finale (non spoilererò nulla se non che il finale è aperto): sostanzialmente la mia posizione personale è sempre cauta nei confronti dei finali aperti. Trovo semplicistico risolvere il conflitto fermandosi un attimo prima, una facile via di fuga che spesso mi convince della mancanza di idee da parte degli sceneggiatori. Sono rari e memorabili i finali aperti che difendo a spada tratta, perché in realtà sono quelli che amo di più e proprio per questo il mio atteggiamento nel tempo si è fatto più rigoroso e critico. Alcuni finali aperti che amo a ben guardare sono o finti finali aperti (cioè in realtà il conflitto è già risolto e si tenta di far pensare allo spettatore che la storia continui nonostante sia già finita) o soluzioni geniali dettate dall’ironia. Al primo caso appartengono film come L’odio, I 400 colpi, C’era una volta in America; alla seconda categoria invece pellicole come Luci della città e… Non mi viene in mente altro
Partendo dal presupposto che Birdman si colloca ancora una volta a metà fra i due tipi di finale (perché sostanzialmente, scusate il termine, è postmoderno fino al midollo, per cui al climax segue un controclimax lanciato fuori dall’opera, come a un colpo di scena segue un controcolpo di scena), e non volendo sostenere che sia un film che possa salire nell’olimpo dei capolavori assoluti della storia del cinema accanto a Charlie Chaplin, rimango comunque dell’idea che sia un ottimo compromesso tra capolavoro e bel film (cioè non è propriamente nessuno dei due, ma sta in mezzo).
Un altro aspetto interessante è che Michael Keaton non sta in realtà recitando. Vi ricordo che lui è il Batman di Tim Burton. Ma questo è tutto un altro discorso sulla metafiction che ci porterebbe troppo in là.
Insomma se ancora non l’avete visto, potrebbe essere una buona occasione per ricredervi su un autore sostanzialmente insopportabile.
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