Il vicino di posto pakistano si è impossessato del bracciolo comune. Voliamo sopra i Balcani, in direzione sud-sud-est, meno cinque ore all’arrivo. La nostra compagnia aerea, tranne lo spazio, ci ha fornito quasi tutto: coperta, cuffie cuscino, calzini blu colore della compagnia e un kit di sopravvivenza con dentifricio e mascherina e tappi per le orecchia. Il cibo non è male, se ti piace il genere. A me piace, a Flavio e Walter no, perché qualcuno gli ha detto che non è buono. Anzi mi schifano mentre mangio tutto il menù beef. Poi però il dolce che gli ho offerto se lo sono mangiato, quei deficienti.
Big Hero Six nello schermo piccolo attaccato al sedile davanti, già pensato a monte per farne domani un videogame, già-da-sempre-videogame, e sullo sfondo lo schermo grande che fa vedere il nostro aereo, piccolo ma enorme in confronto alla mappa, e mi fa capire che adesso sorvoliamo la Turchia.
Potremmo benissimo essere fermi, in un videogame anche noi, su un emulatore, una macchina che bascula soltanto ma che in verità è piantato al suolo, se non fosse per Flavio dal mio lato che guarda sfalsato di alcuni momenti il mio stesso film e si toglie una caccola, mentre dall’alto lato il vicino pakistanto torna a fare suo come se niente fosse il mio secondo bracciolo comune. Sono questi particolari a farmi convincere che no, non è un videogame.
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