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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Assurde morti a Hollywood | Elliott Smith

18 Febbraio 2019 di giovanni ceccanti

Quando Gary s’innamorò di Bunny era ancora all’università del Nebraska, aveva una macchina blu scalcagnata e viveva con quei suoi amici del football. Bunny invece era una maestra delle elementari.

Si conobbero in un locale e si misero a pomiciare la sera stessa, sul retro, mentre il tizio del locale gli chiedeva di spostarsi che doveva spazzare.

Non c’era verso staccarli. Qualche mese dopo Bunny restò incinta e nacque Steven. 

Un anno dopo divorziarono.

Gary si arruolò nell’aviazione e Bunny si risposò con Charlie. 

Te lo ricordi Charlie? Speriamo che sia in galera quello stronzo. Steven non si sarebbe mai più ripreso. Lo violentava, lo sai? Lo hanno anche denunciato. Picchiava Bunny, picchiava Steven, quella merda.

Ai tempi stavano in Texas. Poi Steven a 14 anni prese e telefonò a Gary, che stava a Portland, e gli chiese piangendo se poteva andare a vivere da lui perché con sua madre era una vero inferno.

Certo Steve, gli fece Gary. 

Proviamo questa cosa.

**

Gary lavorava come psichiatra. Dava un sacco di pasticche a tutti, aveva trovato la sua etica professionale, tra virgolette. 

Non se la sentiva più di fare tanti discorsi. Tendeva a regalare qualche attimo di psichedelia piuttosto che una vita di conservazione.

Brown shift. 

Tutto scivola verso il marrone, verso la merda. Era questa la sua filosofia all’epoca. 

Anch’io mi feci prescrivere un po’ di roba. Cazzo, che periodo.

Fu allora che Steven si cambiò il nome in Elliott.

Imparò a suonare un sacco di strumenti quando viveva a Portland. Fondò anche un paio di band.

Già, sì, i cosi – come si chiamavano?

Io mi ricordo solo gli Stranger than fiction perché mi piaceva il nome.

Ha cominciato con il punk-rock un po’ sbraitato, ma i produttori si innamorarono delle sue cose intime.

E poi adorava i Beatles. 

Lo sapevi che a Wes Anderson aveva promesso una cover di Hey Jude ma non fece in tempo a registrarla (non rispettò il contratto), così la canzone che senti nel film è Needle in the hay?

…

Nei Tenenbaum, dico. 

Ma lui era già famoso ormai, aveva cantato agli Oscar per via di Will Hunting.

Aveva detto che era stato come camminare sulla Luna. Interruppe per pochi minuti l’atmosfera sfavillante e ipocrita di tutte quelle star del cazzo, sembrava che nessuno volesse davvero ascoltarlo, le lasciò di sasso. Cantò Miss Misery che era anche candidata all’Oscar come miglior canzone. 

Poi non vinse.

Già, ma chi si ricorda di quella che vinse?

**

C’è quel live al Jon Brion Show dove non vuole cominciare a suonare Jealous guy, fa un paio di siparietti con l’altro chitarrista, traccheggia ed è così delicato e disarmato che mi viene da urlare allo schermo ogni volta che lo vedo:

– Non suonare! Non cominciare nemmeno! Chi te lo fa fare! 

Poi comincia quasi all’improvviso prendendo tutti di sorpresa, esce da quei siparietti del cazzo e diventa serio e allora si crea un’atmosfera bellissima, da brividi.

Dov’è che abitava alla fine?

Stava a Echo Park con la sua ragazza. A Los Angeles. L’ha trovato lei morto. 

…

Gli ha tolto lei il coltello dal petto, non so se mi spiego.

Era sempre stato un po’ paranoico, si prendeva un sacco di pasticche, alcune gliele passava Gary.

Per un po’ era convinto che lo inseguissero. Denunciò il furto di certi nastri da casa sua, disse che erano stati i discografici a entrargli in casa di notte.

Però, pensavo, se dovessi ucciderti ti daresti una coltellata nel petto?

…

Ok, mettiamo pure che sì, hai deciso di ucciderti così perché sei un pazzo scriteriato e ti piacciono queste storie romantiche della coltellata al cuore. Ma la seconda coltellata. Riusciresti a darti una seconda coltellata, se fossi depresso e volessi morire?

Non lo so, i coroner erano parecchio scettici all’idea del suicidio.

È praticamente impossibile uccidersi così.

Che vuoi che ti dica. Ancora non riesco a crederci.

Trentaquattro anni.

Merda.

Già.

**

Mi ha sempre colpito la serietà con cui prendeva la musica e le canzoni che cantava. I testi sono così struggenti e parlano così profondamente di lui e di quello che ha vissuto e che ha dovuto vivere, che poi forse non c’è nessuna differenza. 

Eppure rimaneva serio, non lasciava mai che l’emozione condizionasse la performance. 

Era come uno specchio di acqua limpida quando suonava, si lasciava attraversare da tutte le cose brutte che aveva passato.

È questo che mi distrugge quando lo ascolto.

**

Ehi.

Cosa.

Credo di ricordarmi quale canzone vinse.

Cosa?

Agli Oscar, quando Elliott cantò Miss Misery. 

Ah.

Era il ’98, no?

Sì, ci sta.

My heart will go on. 

Cosa?

Quell’anno vinse Celine Dion con My heart will go on. Tipo la canzone più famosa della storia.

Come lo sai?

Me lo ricordo.

Non ci credo.

Scommettiamo?

Maddai.

Un paio di birre al bowling.

…

Dai cazzo, due birre di merda.

Ok. 

Metti il video che sono curioso.

Ok. Poi però usciamo che siamo già in ritardo.

Agli ordini, capo.

Ehi, hai visto le chiavi della macchina?

**

 

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Postato in: La scena tagliata, La sindrome del personaggio secondario, Lo sfogone Tag: assurde morti a hollywood, brown shift, chi te lo fa fare, giovanni ceccanti, Titanic, will hunting Fai un commento

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