Di Emiliano Dominici
«Cos’è quello?»
Sandro lancia un’occhiata a Corinna, sospira.
«Spezzatino con le patate».
«Chi l’ha fatto?»
«Io».
«E io?»
«Guardavi la tv».
«Ah».
Sandro appoggia la pentola in mezzo al tavolo, toglie il coperchio, riempie il piatto di Corinna. Poi riempie il suo.
«Ricordati delle pillole».
«Non le ho già prese?»
«No. Te le ho messe sul tovagliolo».
Corinna le butta giù con un sorso d’acqua, poi si riempie il bicchiere di vino.
Cominciano a pranzare. Corinna mangia con appetito, le è sempre piaciuto lo spezzatino, le ricorda quando erano sfollati in campagna e, dopo aver fatto la fame in città, finalmente potevano assaggiare di nuovo la carne. E quella sua zia, com’è che si chiamava? Ah sì, Armida, zia Armida le riempiva sempre il piatto; e lei, diciottenne affamata, non era mai sazia.
Finito lo spezzatino, svuota d’un colpo il bicchiere di vino.
«Sandro, le pillole?»
«Le pillole cosa?»
«Oggi non me le dai?»
«Le hai già prese».
«Ma… io?»
«Sì, te le ho date prima di pranzare».
«Davvero?»
«Sì, prima dello spezzatino».
Corinna percorre la tovaglia con lo sguardo in cerca delle pillole. Sandro se ne accorge e la distoglie da quel pensiero.
«Corinna, mi dai una mano a sparecchiare?»
«Sì, ci penso io».
Si alza incerta, raccoglie i piatti con gli avanzi e studia bene quel che c’è rimasto. Sul lato di un piatto ci sono dei rimasugli di grasso con un po’ di sugo: spezzatino. Sorride.
«Sandro, era buono lo spezzatino, vero?»
«Ti è piaciuto?»
«Sì, e a te?»
«Sì. Forse era un po’ sciocco».
«Strano. Sono sempre stata brava a fare lo spezzatino».
«Infatti».
«E anche i piselli erano buoni, no?»
«Non c’erano i piselli, c’erano le patate».
«Ma come? Io lo spezzatino lo preparo sempre coi piselli».
«Oggi l’ho preparato io. L’ho fatto con le patate».
«L’hai fatto tu?»
«Sì».
«E io dov’ero?»
«Guardavi la tv».
«Davvero? E cosa guardavo?»
«Non lo so, io ero in cucina».
Corinna si allontana un po’ traballante dal tavolo, con i due piatti impilati su una mano. L’altra la usa per appoggiarsi ai mobili. D’un tratto si volta.
«I piatti dove li metto?»
«Mettili nel lavello, fumo una sigaretta e poi ci penso io».
Corinna va in cucina e, appoggiando i piatti, concentra lo sguardo sulle mani che reggono le stoviglie. E tutte quelle rughe, quelle vene, quelle dita storte e nodose, e quelle orribili macchie marroni, di chi sono quelle mani? Ha un moto di disgusto e lascia cadere i piatti di botto. Sandro compare veloce sulla soglia.
«Corinna, tutto a posto?»
«Sì, sì, è solo che… le mani…»
Sta per dirgli che quelle non sono le sue mani, poi guarda suo marito, vede questo vecchio che la osserva preoccupato, il suo Sandro era così bello, così bello, non è possibile…
«Corinna?»
«Niente, mi sono sgusciati i piatti nel lavello, tutto qui. Ma non si sono rotti».
«Forza, vieni di là che ci mangiamo le ciliegie».
Sandro va verso di lei, la prende sottobraccio e insieme tornano in soggiorno. Si siedono di nuovo al tavolo e cominciano a mangiare le ciliegie, lentamente, sputando i noccioli in un tovagliolo di carta.
«Sandro, te lo ricordi quando siamo andati al podere di Quintino? Abbiamo fatto indigestione di ciliegie. Eravamo fidanzati da poco».
«Sì, me lo ricordo».
«Tu mi hai messo due coppie di ciliegie intorno alle orecchie, come fossero orecchini. Poi mi hai preso le mani, te lo ricordi?»
«Sì».
«Ti ricordi cosa mi hai detto?»
«Cosa ti ho detto?»
«Che avevo le mani di una principessa, bianche, lisce, che erano state le mie mani a farti innamorare».
«Avevi delle bellissime mani».
Corinna si guarda le mani per un attimo, poi le nasconde veloce sotto il tavolo. Sandro gliele prende, se le porta alla bocca e gliele bacia. Lei le ritira svelta.
«Sono sempre belle».
«Come è possibile? Sandro, come è possibile? Quanti anni ho, io?»
«A giugno sono 88».
«E tu?»
«85».
«Sei più giovane di me, è vero».
«Di tre anni».
«Ma io sono sempre stata più bella di te, non è vero? Non ti ricordi come mi guardavano gli altri a Firenze, nel viaggio di nozze, mentre passeggiavamo sul Ponte Vecchio?»
«È vero, ti guardavano tutti. E io ero geloso».
«Me lo ricordo. Mi hai fatto certe scenate… che stupido!»
Corinna sorride al ricordo, solleva una mano e fa una carezza al volto di Sandro.
«Per fortuna ci siamo trovati. Cosa avresti fatto senza di me, eh Sandrino? Chi si prenderebbe cura di te, a quest’ora?»
Sandro non risponde. Corinna si porta alla bocca una ciliegia, la stacca dal picciolo e comincia a masticare. Queste ciliegie non hanno più il sapore di una volta. A casa di zia Armida, appena colte dall’albero, erano dolci, erano tutta un’altra cosa. Sapevano di fresco, come una speranza. Corinna sputa il nocciolo e, all’improvviso, si blocca e comincia a fissare un punto lontano. Poi si volta verso quel vecchio accanto a lei.
«È l’ora delle pillole, no?»
Sandro la guarda. Sorride.
«Sì, Corinna, è l’ora delle pillole. Ora le prendiamo».
Nato e cresciuto a Livorno. Mi sono laureato in Lingua e letteratura inglese con una tesi sui racconti di R. Carver trasposti nel film America Oggi di R. Altman. Ho un dottorato di ricerca in Anglistica con una tesi sulle sceneggiature di Hanif Kureishi. Sono drammaturgo, regista, cantautore, scrittore. Ho esordito con la raccolta di racconti La fine soltanto. I miei ultimi due romanzi sono L’antipatica (Valigie rosse) e Gli anni incerti (effequ). Insegno inglese per vivere e scrivo per non dimenticare.
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