In vita mia ho sempre viaggiato in nave, e sono giunto alla conclusione che sia un luogo privilegiato per riflettere sul suicidio. Specialmente se viaggi con un posto in passaggio ponte. D’inverno. D’estate c’è troppa spensieratezza in mano a turisti scalpitanti. Aspettano il traghetto giù al molo, bianchi in viso, incolonnati in auto, camper e moto con gli ammortizzatori compressi. Indossano infradito o scarpe da tennis. Una volta a bordo occupano ristoranti, bar, sale d’attesa, scale, corridoi. Gonfiano materassini, srotolano teli mare, inforcano i cappucci delle felpe e legano zaini e valigie e cani tra loro. Poi cominciano a mangiare, a fare avanti e indietro tra il bar e il bagno. Stanno sui ponti a fumare, a fotografare, a osservare la partenza, a salutare, a telefonare, a bere birre. No. Troppo chiasso.