A sei anni Quentin Tarantino osservava l’abbassarsi e l’alzarsi e l’allontanarsi e il ricongiungersi dei cavalcavia della rete stradale losangelina, un lungo e grasso pitone grigiastro stretto attorno ai pensieri e alle dita sulla gomma dei volanti, a volte cotta dal sole, a volte ricoperta da un velo lucido di sudore steso come bava di lumaca da Burbank a San Fernando, da Santa Monica a Compton, da Long Beach a El Segundo, Torrance, o su a Pasadena, e dalla cenere delle sigarette dei discografici di Bel-Air, degli agenti della Sunset Strip, di Mulholland Drive, della Beverly Crest, o del Benedict Canyon, fino a Hollywood.