[Due persone, appena uscite dal cinema. Sedute in un ristorante affollato in mezzo a coppie, a scolaresche, a turisti, a uomini soli che indossano camicie. I due sono seduti dallo stesso lato del tavolo e parlano tra loro senza guardarsi, fissano una ragazza nera albina]
«Sù, prima che mi convinca del tutto che Virzì è il nuovo Pieraccioni, dimmi qualcosa mi faccia cambiare idea»
«Per niente! Che c’entra Pieraccioni? Questo mica è volgare. Fa commuovere. L’accento toscano viene quasi rivalutato, sembra un accento qualunque, usato non esclusivamente da sub-umani. Poi, Valeria Bruni Tedeschi è bravissima, e hai visto i luoghi dove l’hanno girato, sono belli, non banali»
«Ok, ma allora il monologo della Ramazzotti, sul finire, non mi vuoi dire che era imbarazzante? Che non era scritto male?»
«No, Micaela Ramazzotti devi ammettere che si difende, monologo finale a parte»
«Sarà, ma..»
«Insomma è pur sempre commedia all’italiana»
«Come Pieraccioni»
«Esageri»
«Può anche darsi. Ma hai visto la china che ha preso Virzì? Potrei darti altri quattro o cinque titoli e canzoni anni sessanta, per i prossimi quattro o cinque film. Son così prevedibili. E i relativi temi associati. Oggi era la pazzia, domani ci sarà la disoccupazione, poi l’omosessualità, l’innamoramento tardo-adolescenziale, e infine un bel film sulla vecchiaia. Poi si riparte dall’inizio»
«Vedila come ti pare»
«E dai, è così. L’unica figura un po’ definita era l’aristocratica berlusconiana, l’unico personaggio un po’ sviluppato. Non c’era nient’altro. Cos’era Anna Galiena? Tutta gonfia. Dai. Pensavo tutto il tempo: ecco un film a vocazione popolare in assenza di un popolo. Mancavano le figure secondarie, ti sembra un caso? Eddai, la commedia all’italiana non si fondava sui personaggi minori, sui caratteristi? Dove son finiti tutti? Virzì tramite la Ramazzotti, ci fa quel discorso mezzo ideologico sull’eccessiva medicalizzazione e festa finita. Coscienza pulita, l’intellettuale è impegnato. La malattia mentale, ma mi vuoi dire dov’era? Come si affronta l’argomento? Mi dirai: è commedia all’italiana, e io ti dirò, sì, come quell’altro, come si chiama, Leonardo»
«Esageri, davvero, ti sei convinto che il film non ti è piaciuto, ma ti ho visto che in verità ti prendeva, che quando c’era quella battuta sul cinema italiano, quando Virzì faceva l’autoironico, tu sorridevi»
«Ma come siamo diventati, parli come in un film di Pieraccioni: auto-ironico. Ma che vuol dire poi?»
[Alcune ore dopo, stessi personaggi, in un letto. Lui legge un testo di Pennac, destinato ai bambini, Kamo, lei scorre il dito sul cellulare]
«Davvero, anche il fatto che la simpatica fosse quella di destra, ma ne vogliamo parlare?»
«E basta, che palle»
«Che il “popolo” non è più un concetto di sinistra, che Virzì fa quelle uscite contro Nogarin, ma l’hai sentito?»
«Ma quando? No. Dormiamo, dai»
«Al circolino Arci ci va solo gente di destra, e noi quando andiamo là dentro a mangiare non c’entriamo un cazzo!»
«Sì, e quindi?»
«Che ci è successo? Siamo cambiati. Dov’è finito l’Ovosodo? Dov’è finita la sinistra?»
«…»
«Sembra un film di Pieraccioni, La pazza gioia. La risposta pseudo colta a Il Ciclone. Un film che dialoga con il ’96, non con il presente»
«Sei stanco, dormi, è andata così male a lavoro oggi?»
«Lasciami continuare. Dici che quella scena finale, con loro tre che si abbracciano era un omaggio a Kim Ki-duk?»
«Ma t’immagini? Per niente!»
[Notte fonda, lui si risveglia e pronuncia distintamente queste parole]
«Gino, domani vo in Spagna»
«…»
«Olè»
«…»
Rispondi