Sergiusz Frikowski gioca un gioco di dadi sul tappeto di casa, le gambe incrociate, l’aria distratta. Sta impersonando senza saperlo il celebre aforisma del filosofo oscuro, l’eterno è un bambino che gioca… Suo padre Bartek si è suicidato da poco, è il 1999. Suo nonno Wojciech – è lui che stiamo per vedere in una breve scena – è stato ucciso nel 1969. Il suo bisnonno Jan cadde in rovina a causa del nazismo nel 19… ma il piccolo Sergiusz tutto questo non lo sa, di tutto questo non porta memoria. Le gambe incrociate, l’aria distratta: tira i dadi e aspetta che si fermino sul tappeto.
Il più famoso serial killer del ventesimo secolo non ha mai ucciso una sola persona. È piccolo di statura e segaligno, attento alle crepe sui muri e alle proprie.
I poliziotti temono il suo carisma, temono che possa attraversarli col pensiero, far levitare gli oggetti, indovinare cosa c’è scritto alla pagina x del libro x.
Adesso è a casa, preda di visioni. Si è preso un po’ di roba e se la viaggia. Vola con ali di rugiada, precipita e sprofonda ma non atterra mai.
«As gruesome as you can», aveva detto saltando sul tavolo del salotto (e con gli occhi aveva fatto quella cosa di guardare ognuno per un nanosecondo): «Make it a real nice murder, just as bad as you’ve ever seen».
8 agosto ’69, Beverly Boulevard, El coyote cafe [tintinnare di posate e bicchieri. Arrivano i dessert.] Sharon sposta la sedia dal tavolo quel tanto che la pancia ritrovi il suo spazio. «A questo punto non vedo l’ora che il piccolo se ne esca nel mondo. Non vedo l’ora che abbia occhi per giudicare e una bocca per esprimere i giudizi. Trovo così sbagliato che debba dipendere da me ancora per così tanto tempo…»
Sharon allontana il piatto con la fetta di carlota de limon appena sbocconcellata e rotea gli occhi come se recitasse la parte della sazia. Jay le racconta di quella volta che ha fatto i capelli a Paul Newman e gli ha toccato il sedere. «Ma chi, tu a lui o lui a te?» chiede giustamente Voytek.
Prima che Roman le offrisse l’LSD e si facessero quel viaggio insieme, Sharon e Jay erano stati inseparabili per tre anni. Sharon è grata a Jay di esserle rimasto amico anche se le cose sono finite come sono finite. Soprattutto adesso, soprattutto adesso che Roman è in Inghilterra a lavorare. «Ma insomma, Roman torna per la nascita o no?», chiede ancora Voytek [Wojciech Frikowski, un vecchio compagno di sbronze di Roman dai tempi della Polonia. Si sono conosciuti durante una rissa fuori da una scuola di danza.] Abigail, la sua ragazza, tiene gli occhi chiusi e ondeggia la testa sulle note di una musica che nessuno sta suonando.
Abigail sorride e tiene in mano una forchetta sporca di marmellata. È l’ereditiera di un’industria di caffè e Voytek sta con lei ormai soltanto per i soldi. Prendono la coca e la mescalina insieme poi si chiudono in casa, litigano e si tirano i piatti senza far caso ai vicini che chiamano la polizia, quindi tirano i piatti alla polizia. La psicoterapeuta di Abigail sostiene che sarà pronta per lasciarlo entro la fine dell’estate.
Crudelmente Voytek aveva proposto che il bambino si chiamasse Blackmail, visto che gli sembrava ormai l’unica ragione per cui Sharon e Roman erano rimasti insieme. Sharon gli aveva risposto soltanto che il sesso del piccolo non lo avevano voluto sapere.
Charles Manson fu registrato all’anagrafe come No Name Maddox e fu venduto da sua madre per un boccale di birra. Quando aveva cinque anni, sua madre fu arrestata per aver rubato 26 dollari usando come pistola una bottiglia di ketchup.
La macchina coi quattro amici Sharon, Abigail, Voytek e Jay si scioglie nel miele del tramonto. Sale sulle colline di Santa Monica e imbocca la Benedict Canyon Road, quindi percorre Cielo Drive fino al cul-de-sac del 10050 dove sorge la casa che fu costruita negli anni ’40 per la star francese Michèle Morgan. In questa casa hanno vissuto, fra gli altri, anche Cary Grant e Henry Fonda, quindi Terry Melcher con la sua ragazza Candice Bergen. La vista di Beverly Hills e di Bel Air si apre sotto come un sorriso.
Se Terry Melcher non si fosse rifiutato di scritturare Manson, oggi il più famoso serial killer del ventesimo secolo sarebbe forse una celebrata rockstar.
In casa c’è odore di cetriolini e di Chanel. Abigail telefona a sua madre per dirle l’ora del volo che prenderà l’indomani per San Francisco. Mancano due giorni al suo ventiseiesimo compleanno e in quel preciso istante si sente terribilmente vecchia. Va a letto senza congedarsi, entra in camera e collassa intanto che l’amfetamina sale anche a Voytek che a sua volta collassa sul divano. Sharon si mette in pigiama e scende per le ultime chiacchiere prima di dormire con Jay che le prende i piedi fra le mani.
[È notte, frinire di grilli.] Charles “Tex” Watson cerca di dirimere la calca di colori troppo accesi e ghignanti che gli si para davanti, quindi abbassa lo sguardo e scopre di avere in mano un revolver. Spara quattro volte a un albero di albicocche [Steven Parent, passato a far visita a Garretson che vive sul retro.] I fili d’erba crescono irrimediabilmente mentre Tex diventa il motore di una Ford del ’56 e la mano gli va su e giù come un pistone, il coltello entra e esce dal corpo, su e giù, zac e zac.
Sguinzaglia le furie – Susan Atkins e Patricia Krenwinkel – che si scagliano sulle vittime secondo le sue indicazioni, come aveva detto Charlie. Lui sveglia Voytek con un calcio in faccia e si presenta: «I’m the devil and I’m here to do the devil’s business».
Come sempre Winifred Chapman arriva la mattina verso le 8:30 per pulire la casa e per primi nota i fili del telefono tagliati giù vicino al cancello. Quindi sale ed entra dal retro. Prudence, chiama. Prudence, l’adorato cane di Sharon, non risponde.
La family si divertiva a entrare nelle ville e a spostare delle cose. Solo questo prima degli omicidi. Piccole modifiche del normale assetto quotidiano, alterazioni impercettibili. Cornici appena fuori asse, penne fuori dal portapenne, un segnalibro sfilato e messo due pagine avanti.
Roman Polanski si presenta sulla scena del delitto qualche giorno dopo, sorprendendo tutti. Si fa fotografare e intervistare, tocca la scritta PIG fatta con il sangue di sua moglie e di suo figlio sulla porta di casa con un asciugamano grondante sangue. Si macchia le dita.
Dopo aver salutato i giornalisti il famoso regista prende la macchina e scende giù. Pensa che dopotutto sia sbagliato mangiare, eppure mangia. Va al ristorante messicano, ordina fajitas e uova alla messicana. Mangia avidamente, il primo pasto da quando ha rimesso piede sul suolo statunitense, dopo essersi rigato la gola dai singhiozzi per ore. L’inquietudine, ora che è solo, è una vampa che dalla bocca dello stomaco gli invade il resto del tronco e la faccia. Sente una potenza irrefrenabile percorrere i nervi e irrorare i muscoli. L’erba verde, il cielo azzurro, la scritta rossa, i forni neri di Auschwitz: mentre sale la roba, è euforia quella che sente?
Manson passò la maggior parte della sua gioventù in carcere. Furti d’auto, rapine. Un giorno un compagno di cella gli diede un libro che avrebbe cambiato la sua vita per sempre: How to win friends and influence people (Dale Carnegie, 1936).
Morì il 19 novembre 2017 per le complicazioni di un cancro al colon. Nell’estate del ’67, durante un’orgia, generò Matthew Roberts, dj pacifista. Dal carcere gli rispondeva sempre regolarmente e si firmava con una svastica.
Sergiusz Frikowski gioca un gioco di dadi sul tappeto di casa, le gambe distratte, l’aria incrociata. Tutto questo non lo sa, di tutto questo non porta memoria.
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