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In fuga dalla bocciofila

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The Hater | Quel che mi piace è bruciare le cose

22 Febbraio 2021 di Salvatore Cherchi

Da un compito in classe con titolo: “Che cosa è davvero importante”, la professoressa si aspettava un duplice risultato: uno didattico, valutare le capacità di scrittura degli alunni; uno psicologico, comprendere meglio i suoi allievi. Capire cioè, sulla base di cosa per loro fosse davvero importante, l’ambiente familiare e culturale in cui crescevano, e la visione che avevano di quel mondo che, ai suoi occhi, appariva sempre più complesso e, a tratti, spaventoso.

Fu particolarmente colpita dallo scritto del giovane Roberto. L’alunno, oltre ad avere una buona padronanza di linguaggio, dimostrava un’acerba sensibilità poetica, espressa attraverso una retorica, sebbene incisiva, repulsione verso le regole di una vita ligia e timorata.

Si riporta dal tema: “L’amore è davvero importante, la salute è davvero importante, la famiglia è davvero importante, ma quel che mi piace è bruciare le cose. L’educazione è davvero importante, la colazione è davvero importante, lo sport è davvero importante, ma quel che mi piace è bruciare le cose”. E ancora: “Fare carriera è davvero importante, dormire la sera è davvero importante, bruciare calorie è davvero importante, ma è più divertente bruciare le cose.”

Dopo la lettura, la professoressa buttò giù un profilo di Roberto da leggere a colleghe e colleghi al successivo consiglio di classe.

Si riporta dalla relazione: ““Adeguarsi alle convenzioni o seguire la propria natura? Il testo di Roberto esemplifica la seconda scelta. La sua non è una ritrosia preadolescenziale verso certe regole, quanto il tentativo di azzerarle o, per usare le sue parole: bruciarle. Ma non spaventiamoci, la figura del piromane, qui, è la metafora dell’uomo che non è interessato a fare ciò che vuole, bensì è interessato a distruggere ciò che gli altri ritengono giusto”.

“Per alcuni studiosi” leggiamo, “la piromania è una violenta forma di comunicazione espressa da persone socialmente inabili e dalla sessualità poco gratificante, ma queste due ipotesi non si adattano a Roberto. È un ragazzo integrato coi compagni e, data la giovane età, non credo abbia una vita sessuale attiva. La sua è dunque una calorosa metafora in cui il fuoco rappresenta un atteggiamento sovversivo verso tutto ciò che concepisce come modello di comportamento imposto (dalla famiglia, dalla scuola, dalla società).

Terminata la relazione, la professoressa si premurò di farne una copia, imbustarla e spedirla a mezzo raccomandata ai genitori del ragazzo, i quali non ebbero mai occasione di leggerla. Il giorno che la lettera arrivò in casa infatti, diventò cenere.

A bruciarla fu Roberto. Non perché temeva che i genitori la leggessero, quanto più per pura coincidenza. Dopo averla ritirata dal postino, preso com’era dalla necessità di accumulare quanta più carta possibile, la gettò nel mucchio di quotidiani, riviste, libri, dépliant pubblicitari, quaderni di scuola, blocchi di appunti, risme di fogli A4, cartoline meticolosamente sparsi per la casa.

Un serpente di cellulosa partiva dalla cucina e, come una testa d’idra, raggiungeva tutte le stanze. Roberto lo percorreva in ogni sua ramificazione, versando di tanto in tanto poche gocce d’alcol da una bottiglia trovata sotto il lavello di cucina.

Fu il disegno della fiammella nera chiusa in un rombo rosso a dargli lo spunto. Fino a quel giorno si era limitato a bruciare poster, vecchi giocattoli e, al più, la coda del gatto. Tutte cose poco importanti, che non rappresentavano ciò di cui quella canzone, sentita ossessivamente sullo stereo del fratello più grande, parlava. Ci voleva un rogo più grande.

La busta con la relazione, dunque, si trovava in salotto, o forse sullescale che portavano in camera o, chissà, forse era stata fatta a pezzi e sparsa qua e là.

Roberto, dopo aver indossato le cuffie e premuto play sull’App “Musica” dello smartphone, aspettò l’attacco del vocalist prima di far scattare l’accendino per dar fuoco al primo foglio.

«La sposa in bianco è davvero importante, la quota rosa è davvero importante, il pollice verde è davvero importante, ma i colori si accendono così… quando bruciano le cose».

La reazione chimica carta-alcol-fuoco-ossigeno e fuoco prese il via, e trovò apice in cucina, dove si unì alla catena il gas sprigionato dai fornelli aperti.

A diversi chilometri di distanza, la professoressa non sentì il boato che incenerì mezzo isolato, ma fu attraversata da uno strano presentimento quando, davanti alle colleghe e colleghi, leggeva le conclusioni di quanto aveva scritto: “la sua è un’aspirazione poetica verso un ideale di libertà che solo nell’animo sensibile di un artista si può percepire. In futuro sentiremo parlare di lui, e del fuoco che gli arde dentro e tutt’intorno.”

 

 

 

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Postato in: La scena tagliata Tag: 2020, Jan Komasa, lo stato sociale, Maciej Musiałowski, netflix film, polonia, the hater Fai un commento

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