Nei giorni di Torino non ho scritto una riga, solo deambulato in uno stato febbrile tra una sala e l’altra e tra un bar e un ristorante cinese e uno torinese e la casa di Claudio in Corso Regio Parco (grazie Claudio, tra l’altro). Sono stato bene come si sta bene ai Festival in cui si è totalmente liberi di vedere, non vedere, scrivere non scrivere, fare tardi, perdersi, sentire freddo caldo medio, mettere una sciarpa non metterla, la canottiera, la camicia, rimbombarsi tutto il giorno la testa dalla mattina alla sera dentro al cinema, non pensare ai problemi della vita, che ne sarà di me la mia famiglia l’Europa mio nonno Brunello, strafarsi di cinema e basta: quella libertà là.