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L’ufficiale e la spia | Un torbido affare

25 Novembre 2019 di Leonardo Biancanelli

Il capitano Alfred Dreyfus è degradato il 5 gennaio dell’anno 1895: la sua spada spezzata in due metà e i bottoni divelti lo ignudano di fronte allo stato maggiore di Francia, nella corte grande della Scuola di Guerra; per strada alcuni uomini con i baffi bagnati dal muco freddo gli urlano “lurida spia ebrea”, appesi alle cancellate, proprio mentre Mme Marie Bastian continua nel periodico atto ambizioso e discutibilmente patriottico di infilare le proprie mani nel cestino della carta straccia dell’attaché militare nell’Ambasciata di Germania a Parigi, dove lavora come governante per due franchi al giorno e come agente del servizio di controspionaggio francese per duecento franchi al mese.

Ha bisogno di quei soldi, ma ogni volta che infila le mani nel cestino della carta straccia sa che qualcuno la potrebbe cogliere in flagrante, che rischia di essere processata da un tribunale militare, e condannata a morte per alto tradimento, ma sa anche che Dio l’ha fatta abbastanza scaltra da sciogliere una piccola dose di lassativo nella caffettiera dell’attaché militare tedesco, Maximilian von Schwartzkoppen, così che quello si assenti dalla stanza per dieci minuti buoni almeno una volta alla settimana, quando lei deve servire il suo Paese, la Francia, e salvarla dai nemici della patria. “Alto tradimento” è il capo d’accusa per Alfred Dreyfus, condannato in un processo a porte chiuse e inviato ai lavori forzati nella colonia penale dell’Isola del Diavolo, proprio là, pensa Mme Bastian, dove dovrebbe stare un traditore della patria, una spia che le mie mani hanno assicurato alla giustizia.

Quelle stesse mani che, circa un anno dopo, riaffondando nel cestino della carta straccia di Von Schwartzkoppen, mentre lui si squaglia nel bagno dell’Ambasciata proprio come una merda fresca si squaglia sotto una suola, portano al Paese la prova che Alfred Dreyfus non è una spia, e che accidenti, pensa Mme Bastian, allora forse quell’uomo è innocente. Ma sembra che ci sia un’altra spia nell’esercito francese, almeno questo è quello che afferma il tenente colonnello Picquard: la vera spia è il maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy; non è ebreo, ma è comunque una spia, è comunque un traditore, pensa Mme Bastian. E a quel punto la Francia si divide in due, lo stato maggiore dell’esercito corre al riparo, non può permettersi di perdere credibilità, Émile Zola scrive il J’accuse e fa cadere le teste – figuratamente, s’intende – e il tenente colonnello Picquard viene arrestato perché ritenuto complice di Dreyfus.

Qualche anno dopo lo stesso maggiore Esterhazy confessa di non essere una spia, ma di aver agito per ordini superiori, e che forse non c’è nessuna vera spia, nessuna vera spia che abbia fatto il doppio gioco, ma soltanto un torbido affare che puzza di feci e d’immondizia come le strade di Parigi a giugno; un affare che magari avrei dovuto lasciare in fondo a quel cestino, pensa Mme Bastian, guardandosi le mani e nascondendole sotto il grembiule.

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Postato in: Festival Tag: Dreyfus, errore giudiziario, Esercito, J'accuse, l'ufficiale e la spia, M.me Bastian, Ottocento, parigi, Picquard, Polanski 1 commento

Commenti

  1. Jams dice

    1 Dicembre 2019 alle 18:43

    ottimo film, consiglio a tutti di guardare

    Rispondi

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