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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Prosciutto prosciutto | Amore nazionalpopolare

3 Luglio 2019 di Redazione

di Andrea Frau

«Guarda come hanno tagliato fine questo prosciutto».

Tendo la fetta con due mani e ci vedo attraverso.

Francesca mi guarda seria.

«È una scena terribilmente volgare».

«Che fai, trasecoli? Attenta che ti cade il monocolo nel bicchiere».

«Non c’è bisogno d’esser degli Asburgo per mal tollerare il pecoreccio».

Osservo le mie mani unte da una gelatina.

«Ma sono questi i famosi fosfati? Cioè, li posso toccare? No, perché i solfiti del vino non credo si possano sentire».

«Sarebbe bello se le cose deleterie per il corpo fossero visibili. Se potessimo vedere le nanoparticelle, la CO2, la noia, la fine di un rapporto…».

Ho smesso di ascoltare. Continuo a tendere la fetta slabbrata finché non si rompe. Rimango come uno scemo, con lo sguardo colpevole.

«È già abbastanza volgare mangiare affettati, ci manca stenderli e guardarci attraverso come da un velo di Maya o da un glory hole».

 

Mi piacerebbe litigare come gli spagnoli, in modo genuino, chiassoso, melodrammatico! Ma c’è davvero troppo caldo per tali performance.

Tolgo la strisciolina di grasso intorno al prosciutto e la butto in terra.

«Per i miei gatti caduti, a voi!» declamo.

Francesca sorride scuotendo la testa.

Io e Francesca non litighiamo più come vorrei. Quanto sarebbe eccitante un bel redde rationem a colpi di salume, in stile Bigas Luna! Non sopporto questa apatia, tipo quella del Bill Murray jarmuschiano. Mi manca la veracità infantile, vorace e volgarotta. Il grasso del nostro prosciutto dove è andato a finire? Da qualche parte c’è tipo un grande gatto che gioca svogliato con un gomitolo di lardo appiccicaticcio?

 

«Ma secondo te, quando l’Arno gela, dove vanno a finire le nutrie?»

Francesca ci pensa un attimo e mi risponde seria:

«Da qualche parte ho letto che i loro arti si paralizzano e affondano».

«Oh, cavolo, no!» esclamo. «Ma qualche pezzo rimarrà a galla, dai, come le molliche di pane nella ribollita. Speriamo questo, almeno».

Non paga, infierisce:

«Sai che Bigas Luna negli ultimi anni divenne vegetariano?»

Non le do la soddisfazione di adirarmi e contrattacco:

«Colpa di Netflix e dello streaming illegale».

 

«Francesca, a volte mi sento come se io fossi Umberto Lenzi e tu Terrence Malick».

«Ti prego, mo non cominciare con la tiritera su Deodato, Castellari, D’Amato e compagnia filmante».

«Perché no? Mi riesce bene. Sembro credibile quando difendo film come Uomini si nasce, poliziotti si muore o Il paese del sesso selvaggio».

«Bah, dieci anni fa forse poteva andare. Ma ora l’accademia è antiaccademica. Siamo nell’epoca di Bagnai, Borghi, viviamo nell’accademia degli iconoclasti. Il tuo Fulci sarebbe un Paolo Savona».

«Sarà. Ma almeno possiamo litigare un po’ alla spagnola, per piacere? Per sentirmi vivo».

«Ora no, davvero».

«Vorrei un amore nazionalpopolare!», urlo.

Francesca ride imbarazzata per me, come una tedesca dalle mille parole. Però non si aspettava questo scatto, è divertente riuscire a stupirla ancora.

«Ma che cazzo di frase è? Neanche Brunori Sas, anzi, Tommaso Paradiso! Un amore nazionalpopolare… cristo santo!».

«Vabbè, era per dire. Ma ci pensi che neanche dieci anni fa in Italia si litigava serrani e blaugrana? Tragedie greche, urla e las fallas».

«Potrebbe esserci una correlazione tra andamento dell’economia e sfuriate romantiche».

«Esatto!», esulto. (Capirò l’ironia solo in seguito). «Non è un caso che il debito pubblico sia molto alto in Grecia, Italia, Portogallo e Spagna: i PIGS!». Grido quell’acronimo suino come un Eureka.

«Ci chiamano i Pigs perché ruzzoliamo nel fango degli umori e delle passioni».

«Ma ora manco più quello. Debito pubblico e indolenza amorosa; stagnazione economica e sentimentale; deflazione e disincanto».

«Cosa vuoi farci, d’altronde condividiamo la I con l’Irlanda. A noi il deficit, a loro la passione», mi dice Francesca, già arresa.

«Ma io non ci sto!», mi alzo di scatto e la sedia cade. Brandisco la confezione di plastica del prosciutto:

«Giù le mani dalla nostra I! Fatevi avanti, rivali irlandesi, sono qui!»

 

 
BIO:
Andrea Frau, classe ’86, è autore, redattore e sagoma presso Verde Rivista.

 <– Leggi il precedente Bellissimo della Bocciofila

 

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Postato in: bellissimi, Lo sfogone, Oceani di autoreferenzialità Tag: andrea frau, bellissimi, bigas luna, glory hole, maya, nazionalpopolare, nutrie, prosciutto prosciutto, Verde Fai un commento

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