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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Prima dell’Apocalisse (Gli esclusi) | Un racconto che parla di tute in acetato, drogati e Gesù

14 Agosto 2017 di Redazione

di Alice Diacono

#1 La tuta in acetato

Ultimamente ho notato che stanno tornando di moda le tute in acetato. Io quando ne vedo una penso sempre a quella volta, la prima, in cui ho incontrato dei drogati.

Il quartiere in cui sono cresciuta era il quartiere dell’Enel, costruito per gli impiegati e gli operai dell’Enel nella città di provincia dormitorio di Torino che, come si sa, è uscita dagli anni di piombo solo con le Olimpiadi del 2006. Lì le case erano grigie e giallo crema, di scarsa fattura e il concetto di “verde” non era mai arrivato. Molti altri concetti non erano mai arrivati, come ad esempio glam, emancipazione dell’individuo o radical chic. In compenso però, alla fine degli anni Ottanta era arrivata un sacco di droga. I drogati erano il principale problema del mio quartiere tra l’87 e il ’97, che sono gli anni in cui ci sono nata e stata io.

Come ben si sa, tutti loro portavano tute in acetato grigie con elementi fucsia o giallo pallido, che si vedono così spesso in film come Blow o la scena finale di Quei bravi ragazzi, L’Odio, The Firm e tutti i classiconi che parlano di droga, gloria e degrado. (Questo non è un excursus sulla tuta in acetato nella storia del cinema quindi cinefili e feticisti delle tute in acetato all’ascolto, non rompete le palle, non sono un’esperta, sono solo una che guarda film (corsivo mio), e ho cose ben più importanti di cui occuparmi, tipo commentare le foto di Diego Fusaro su Facebook, grattarmi via lo smalto dalle unghie senza dover usare l’acetone, dimostrare al mio coinquilino che la macelleria halal all’angolo della strada è buonissima, beccandomi tre giorni di gastroenterite (la lotta al razzismo è dura e passa anche attraverso le tortuose vie intestinali).

Di drogati ce n’erano dappertutto, tant’è vero che ai giardini pubblici dove andavamo a giocare c’era un cartello messo dal comitato dei genitori con disegnata una bambina in un prato in cui invece degli steli d’erba c’erano solo siringhe che ancora mi sogno di notte, insieme all’ormai celeberrima pubblicità progresso della ragazza con gli occhi bianchi. Oltre ad essere entrate nell’immaginario collettivo, queste immagini entravano anche nei miei sogni trasformandosi in orribili incubi in cui, ad esempio, una testa di donna con la permanente, ruotava lentamente scoprendo un viso che piano piano, si girava e… era mia madre! Con gli occhi bianchi! Ricordo ancora la sensazione di orrore – o più precisamente – come diceva Freud, di Unheimliche. Certo questo era nulla in confronto al sogno del Rapimento della Chiesa di Cristo, in cui i miei genitori venivano rapiti da Gesù che “sarebbe venuto come un ladro nella notte”, come è scritto nell’Apocalisse di Giovanni, mentre a me mi avrebbe lasciata sola giù sulla terra per tutti i sette anni di tribolazione in cui quelli che restano, i lasciati indietro, “cercheranno sollievo nella morte ma non la troveranno”, perché non ero ancora convertita e battezzata, come nel film Prima dell’Apocalisse – Gli esclusi che ci facevano vedere in chiesa. The left behind è il titolo originale, oltre che il modo in cui gli evangelici fondamentalisti chiamano chi non è salvato e quindi lasciato indietro dal giudizio divino.

Come dicevo di drogati ce n’erano dappertutto, ma nel mio quartiere stavano soprattutto nell’enorme edificio abbandonato della Ex Vetreria, attiva fino a metà del ‘900 e ormai dismessa, ricolma di cocci di vetro e ovviamente di drogati che ci andavano a bucarsi.

Mia madre, oltre a crescermi con un mix letale di etica protestante e anticapitalismo fondamentalista, ché ancora oggi non si spiega come mai non mi sia arruolata nell’Isis, mi mandava spesso a comprare il latte in latteria.

La strada non era molta, saranno stati all’incirca trecento metri, ma era fiancheggiata per almeno un terzo dalla fatiscente recinzione della Vetreria in cui, come già sappiamo e come non mancavano mai di mettermi in guardia gli adulti, c’erano i drogati che avevano l’Aids e volevano contagiarla agli altri con le siringhe infette, specialmente ai bambini, volevano rubare i soldi per andare a comprarsi altra droga e davano ai bambini caramelle o figurine leccabili piene di droga per farli diventare drogati anche loro. Insomma, erano degli zombie contagiosi e ogni contatto con loro era non solo altamente sconsigliabile, ma del tutto vietato. Il deterrente funzionava benissimo. A me facevano paura già di per sé le siringhe, figuriamoci le siringhe dei drogati.

[continua]

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Postato in: Oceani di autoreferenzialità Tag: anni 80, anni 90, drogati, fondamentalismo evangelico, Prima dell'Apocalisse, tute in acetato Fai un commento

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