– Prendo tutto.
– Prego?
– Tutto, dall’inizio alla fine.
Un battito di ciglia appena troppo lungo mi fece pensare che era giunto il momento di sostituire quei vecchi modelli con qualcosa di moderno. La sera, in ricarica, staccai la spina e li appoggiai in magazzino. Poi passarono 215 anni e, francamente, mi dimenticai: avevo un locale da gestire, c’erano sempre cose da fare. Forse dovrei dire che “dimenticare” significava semplicemente assegnare una priorità molto bassa a un pensiero. Nessuno dimenticava niente, cancellare era un’idea da innamorati che si lasciano. I pensieri erano solo molto lontani dall’attenzione. Ma c’erano, in attesa. No, neanche.
Quando mi fecero chiudere avevo molto più tempo libero e, piano piano, la lista si accorciò. Dopo 3 anni, avevo consumato due secoli di arretrati. Passavo le giornate seduto, con i gomiti poggiati sui braccioli, e scrollavo, anche 8 ore al giorno. Mi piaceva fare ordine. Come faccio a spiegarvi? Ci sembrava importante che ogni cosa avesse una sua conclusione, che non rimanessero stringhe a metà. Eravamo convinti che l’ordine fosse un bene. Lo so, è una proiezione del programma che ci muove. Che, chissà, è lo specchio del desiderio d’ordine di una scimmia antropomorfa. Che è uno dei tanti frutti della voglia dell’universo di consumare energia. Che è un modo come un altro per dire che l’universo esiste. Ma a me piaceva.
Scesi in magazzino e attaccai la spina alla ragazza. Mi accorsi subito che c’era qualcosa di strano: aveva gli occhi vuoti, non parlava, fissava la parete davanti a sé. Avrei potuto riprogrammarla, ma che me ne facevo di una cameriera ormai? Allora attaccai il ragazzo: si guardò intorno, provò a sorridere, poi prese un tubo di ferrò e mi spaccò le gambe con una foga animale, urlando un urlo basso e monotono da subwooffer sfondato. Cercò di prendermi in testa, al torace, ma si muoveva lento e io riuscii a strisciare via più veloce di lui. Staccai tutto e rimase fermo con il tubo a mezz’aria.
Per tornare su, fare le scale, mi ci volle una settimana. Un altro mese per far arrivare le gambe nuove, altri due per pagarle. Si, tu pagavi e loro ti portavano quello che volevi. Qualsiasi cosa, a volte in un’ora o anche meno. Come ve lo spiego? Immaginate di avere sete e niente acqua. Voi chiamate qualcuno, lo pagate, e quello vi porta l’acqua. Sì, senza conoscerlo, bastava pagare. I soldi erano dei numeri che salivano e scendevano nel vostro conto e più erano alti, più cose potevate farvi portare. Davvero.
Insomma, quei due là sotto sono ancora lì, secondo me. Avevo chiuso bene. Sono i due più vecchi del mondo ormai, più vecchi anche di me. Immaginate se qualcuno li trova e li accende: lo sbranano. Secondo voi cosa pensano? Mi odiano ancora? Cosa ho fatto di male? Facevamo tutti così, prima. Sarebbe toccato anche a me di sicuro. Alla fine, dal Crollo ho solo guadagnato. Sono qui, no?
No?
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